Le mafie non si accontentano più di dominare un quartiere, un porto o un municipio. Oggi vogliono dominare i flussi. Quelli invisibili, quelli digitali, quelli che non hanno odore né passaporti. Il potere si costruisce sul denaro, ma non più solo su quello sporco: sulla capacità di trasformarlo, ripulirlo, reinvestirlo. È qui che avviene la vera mutazione genetica delle organizzazioni criminali.
Passano da conti a società, da cripto-wallet a immobili. E in questa danza globale, l’Italia resta il punto di partenza. Ma quasi mai quello d’arrivo.
Nel secondo articolo de ilSicilia.it sull’analisi della relazione 2024 della Dia, presentata pochi giorni fa dal Ministro dell’Interno al Parlamento analizziamo le evoluzioni tecnologiche nel riciclaggio di denaro delle mafie siciliane e nell’ambito finanziario.
Nei primo articolo abbiamo affrontato il lato economico “classico” del potere mafioso siciliano emerso dalla Direzione investigativa antimafia, la capacità di “fare impresa” delle organizzazioni mafiose ha raggiunto livelli di sistematicità e infiltrazione mai visti prima.
In questo vedremo come le organizzazioni criminali siciliane hanno affinato metodi di reinvestimento altamente tecnologici tra algoritmi, criptovalute, fiscalità internazionale.
Le attività sono quelle classiche: ma i proventi si reinvestono in maniera “sofisticata”
Le mafie italiane continuano a generare enormi quantità di liquidità da attività classiche: traffico di droga, usura, estorsione, contraffazione, gioco d’azzardo. Ma è nel “dopo” che cambia tutto. Le organizzazioni criminali hanno affinato metodi di reinvestimento sempre più sofisticati. Non si accontentano di comprare bar o supermercati. Puntano a piattaforme online, criptovalute, pacchetti azionari.
Nel primo semestre del 2024, secondo i dati della UIF (Unità di Informazione Finanziaria), sono state segnalate oltre 149.000 operazioni sospette (SOS), di cui più del 12% collegate a fenomeni riconducibili alla criminalità organizzata . La Dia conferma che gran parte di queste operazioni mostrano “pattern ricorrenti di smobilizzo di contante, triangolazioni societarie e interposizione fittizia”.
Le cripto come lavatrice del nuovo secolo e il riciclaggio su scala europea
Il 2024 segna un’accelerazione netta: le mafie stanno sfruttando l’espansione delle criptovalute. Non tanto per accumulare valore – non sono investitori – ma per svanire nei flussi digitali. Gli exchange senza obbligo KYC (Know Your Customer), i mixer anonimi, gli NFT, le transazioni su blockchain meno note (come Monero o Zcash) sono strumenti perfetti per spostare capitali e farli ricomparire sotto altra forma.
Secondo la Dia, in materia di riciclaggio, le organizzazioni italiane mantengono ramificazioni operative in Lettonia, Lituania, Germania, Spagna e Canada. La ‘ndrangheta, ad esempio, utilizza società schermate in Europa dell’Est per far transitare capitali provenienti da narcoproventi.
Le mafie siciliane prediligono la penisola iberica e il Regno Unito, dove il mercato immobiliare offre opportunità rapide e opache.
Nel 2024 sono state monitorate operazioni sospette per oltre 300 milioni di euro verso società con sede a Londra, Praga e Vilnius. Spesso i bonifici sono giustificati da “prestiti infragruppo” o “operazioni di trading”, ma dietro ci sono flussi provenienti da attività illecite.
Le banche? Segnalano, ma non sempre bloccano.
Le “scatole vuote” che riciclano milioni
Il modello è semplice quanto efficace: aprire una S.r.l. “pulita” con un socio incensurato, intestare un IBAN, far transitare denaro, chiuderla dopo 12-18 mesi. In Sicilia, nel solo primo semestre del 2024, sono state individuate 56 società “cartiere” utilizzate per movimentare fondi sospetti legati a soggetti contigui a clan di Palermo, Catania e Trapani.
Queste imprese non hanno magazzini, non hanno dipendenti, spesso neanche un telefono attivo. Ma spostano capitali.
Il fenomeno è talmente sistemico che la Dia ha dedicato una sezione specifica al “riciclaggio tramite imprese con durata limitata”, sottolineando come “il ciclo di vita breve delle società sia oggi uno degli indicatori chiave del reimpiego illecito di capitali”.
Le operazioni simbolo: da “Paper Wall” a “Tornado”
Nel 2024, una delle inchieste più emblematiche è “Paper Wall”, tra Catania e Malta: una rete di società che mascherava introiti illeciti con fatturazioni incrociate. Il capo risultava essere un consulente tributario con studio a Taormina.
Altra operazione chiave è stata invece “Tornado” condotta a Brescia, che ha colpito una rete albanese e italiana dedita al traffico di droga e al riciclaggio tramite criptovalute. Oltre 70 milioni di euro passati da conti esteri a wallet anonimi.
Le mafie non lavorano più solo con i picciotti. Lavorano con fiscalisti, notai, broker assicurativi, programmatori. È una nuova catena del valore criminale.
Il futuro del riciclaggio è nei dati. Alcune organizzazioni, secondo la Dia, hanno già cominciato a impiegare software predittivi per simulare l’andamento dei mercati e prevedere flussi.
Altri gruppi fanno uso di intelligenza artificiale per elaborare percorsi di transito del denaro meno tracciabili, anche sfruttando differenze normative tra Paesi UE. Questi strumenti permettono di decidere dove, quando e quanto riciclare. Non è più un’attività sporadica: è strategia finanziaria.
Il problema delle giurisdizioni e dei controlli
Una delle difficoltà principali per contrastare il riciclaggio mafioso è la disomogeneità delle normative internazionali. Mentre in Italia ogni movimento sospetto è tracciato e segnalato, in altri Paesi dell’UE non sempre esiste l’obbligo di controllo preventivo. Questo crea varchi enormi. Le mafie lo sanno. E li usano.
Inoltre, molte operazioni passano per banche online, istituti di moneta elettronica, carte prepagate anonime. In un solo anno, secondo la Relazione, sono cresciute del 30% le operazioni sospette transitate da servizi fintech non bancari.
La vera forza delle mafie non è più la pistola. È il bonifico. La strategia dominante del 2024 non è l’intimidazione, ma la trasformazione. Trasformare denaro sporco in valore legale, con strumenti sempre più sofisticati, reti sempre più globali, attori sempre più insospettabili.
Le mafie investono. Diversificano. Internazionalizzano. Il riciclaggio oggi è il loro grimaldello per penetrare ogni settore: immobiliare, energie rinnovabili, logistica, tecnologia, persino l’economia green. Dove ci sono fondi, ci sono strategie. E dove ci sono strategie, ci sono consulenti, coperture, invisibilità.
Il problema è che il riciclaggio non si vede. E quindi non scandalizza. Nessuno protesta se un’impresa edile compra tre immobili in Costa del Sol. Nessuno denuncia se una start-up fintech riceve bonifici da un fondo maltese. Nessuno si accorge che dietro un nome inglese e una grafica elegante c’è una cellula mafiosa.
Ma la lotta si gioca proprio lì: nella zona grigia. Dove tutto sembra legale. Dove il denaro cambia pelle. Dove il potere si rafforza senza mostrare i muscoli. Dove serve più che mai uno Stato che capisca di algoritmi, criptovalute, fiscalità internazionale.
Perché finché penseremo che il potere mafioso è quello delle strade e dei carceri, continueremo a ignorare quello vero: quello che viaggia invisibile, tra una banca lituana e una società di Palermo. E quello, purtroppo, è sempre un passo avanti.