“La consistenza numerica dei dipendenti di ruolo della Regione – nonostante la progressiva riduzione fatta registrare nel quinquennio 2012/2016 (15%) – rappresenta più del 23 per cento dell’ammontare complessivo del personale di tutte le Regioni; il numero dei dirigenti è oltre un terzo di tutti quelli regionali in Italia e, quindi, appare tale da non giustificare ulteriori incrementi. Si è constatato come la dimensione degli organici e l’espandersi del perimetro pubblico regionale solo in parte trovano giustificazione nella titolarità – per via dell’autonomia differenziata di cui gode la Regione siciliana – di funzioni altrove allocate a livello “statale”.
La Corte dei conti, in audizione ieri sul Defr in commissione Bilancio, ha messo nero su bianco, su questo, ma anche su molti altri punti, il fatto che la buona volontà del governo è già qualcosa, ma non basta.
La strada, insomma, sul fronte del risanamento e delle abitudini da migliorare è ancora lunga.
Oggi i dipendenti della Regione sono 14.653. Tre anni fa, nell’esercito sterminato della macchina burocratica superavano i 17mila.
Dopo la finanziaria del 2015 si è dato vita all’esodo, programmato fino al 2020 per sfoltire i ranghi e rideterminare le posizioni. Al 31 dicembre del 2015 i dipendenti in servizio erano 14.490 nel comparto, 1646 per quanto riguarda la dirigenza. Il costo complessivo degli stipendi ammontava a 915,5 milioni. Al 31 dicembre 2016 i dipendenti in servizio erano 13.341 e 1.442 nella dirigenza, per un costo di 824,7 milioni di euro.
Una cifra che è andata diminuendo alla scadenza dello scorso anno quando il numero dei dipendenti è arrivato a 12.760 nel comparto e a 1.330 tra i dirigenti ancora in servizio. La spesa per il trattamento economico si è attestata invece a 786,9 milioni di euro.
All’interno di questo numero sono ricompresi i pochi e limitati casi dei pensionamenti ordinari.
Una anomalia evidenziata dalla Corte dei conti riguarda invece le partecipate: “Il quadro tendenziale allegato al Defr 2018-2020 non tiene conto degli enti regionali – si legge nella relazione -. Carente è il sistema dei controlli che non vengono effettuati sui bilanci degli enti”. Qualche spiraglio arriva, invece, “per le spese sanitarie (9.217 milioni) che per l’esercizio 2018 segnano una riduzione di oltre 500 milioni rispetto al preconsuntivo 2017”.
Consapevole dei limiti del Defr ma fiducioso nell’azione del governo è l’assessore Armao: “Il Defr fotografa una situazione drammatica che impone rigore – ha spiegato -. Si tratta di un documento ponte che chiude un’impostazione che vede la Regione in assoluta remissione rispetto allo Stato. L’obiettivo di questo governo è rinegoziare accordi con lo Stato. Siamo pronti – ha concluso Armao – a istituire un collegio dei revisori che abbia un ruolo di controllo sulla finanza pubblica, sulle partecipate e sugli enti collegati.