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L'intervista

Riforma delle Province, Minardo: “Si all’elezione diretta, ma seguendo il giusto percorso”

venerdì 15 Novembre 2024

Si al ritorno al voto diretto delle Province. Ciò a patto che questo processo passi da una riforma organica che eviti gli errori del passato. Nino Minardo, deputato nazionale della Lega ed ex coordinatore regionale del Carroccio in Sicilia, ha le idee chiare sulla proposta di ripristinare le elezioni di primo livello nell’Isola. Mentre all’Ars il testo del nuovo disegno di legge sulle Province è stato inviato all’ufficio di Presidenza guidato da Gaetano Galvagno per essere incardinato, a Roma si valutano gli step necessari ad evitare trappole giuridiche che possano pregiudicare l’inversione di marcia voluta dal centrodestra rispetto alla “legge Delrio“.

Ad oggi, secondo l’attuale quadro normativo, la Sicilia dovrebbe procedere alle elezioni di secondo livello, ovvero dando la parola a sindaci e consiglieri comunali, ponendo così fine ad un commissariamento degli enti locali intermedi ormai lungo oltre dieci anni. Ma all’Ars, durante la trattazione del ddl urbanistica, è andato in scena l’ennesimo rinvio forzato dell’appuntamento elettotale alla primavera del 2025. Fatto che ha spazientito molto le opposizioni. Ciò anche alla luce dell’ulteriore pronunciamento della Corte Costituzionale che, su istanza del Comune di Enna, ha espresso l’ennesimo pronunciamento negativo nei confronti della condotta della Regione Siciliana. Un vulnus che, prima o poi, dovrà avere fine, in un senso o in altro. Le strade possibili sono due. O una norma del Governo Nazionale, da votare in Parlamento, che sostanzialmente cassi la legge Delrio. Oppure una legge costituzionale che segua il percorso scelto dalla Regione Friuli Venezia Giulia per modificare lo Statuto della Regione Siciliana.

L’intervista al parlamentare Nino Minardo

In attesa di ciò, a Roma si ragiona sull’impatto di un ritorno al voto diretto per le Province. A dire la sua è il parlamentare della Lega Nino Minardo. Intervenuto ai microfoni de ilSicilia.it, l’ex coordinatore regionale del Carroccio ha analizzato i possibili scenari che vedono coinvolta la Sicilia. Secondo l’esponente di centrodestra, un ritorno al voto diretto è possibile. Ciò a patto che il tutto avvenga seguendo un percorso legislativo corretto.

1) Onorevole Nino Minardo, presidente Commissione Difesa della Camera dei Deputati, in Sicilia c’è un grande tema aperto, ovvero quello del ritorno al voto diretto per le Province. Da Roma come viene vista questa mossa messa in campo dall’Assemblea Regionale Siciliana?

Non è un mistero che la Lega e tutto il centrodestra a livello nazionale siano per far tornare le Province enti di primo livello ripristinando l’elezione diretta da parte dei cittadini e restituendo competenze e risorse. E’ chiaro che però ciò deve avvenire nella sede opportuna, quella della definizione di una riforma organica per non ripetere gli errori commessi con la disastrosa legge Delrio, e con le risorse necessarie. Sul tema delle risorse è importante il ruolo del Mef, mentre è importante l’interlocuzione con la conferenza Stato-Regioni sul trasferimento di deleghe e funzioni.

2) Il ritorno al voto diretto comporta dei costi, sia sul fronte organizzativo che su quello della pianificazione. Quanto costerebbe al Governo nazionale il ritorno al voto diretto per le Province?

Guardi, sappiamo quanto sono costati la riforma mai compiuta delle Province e i tagli che ci sono stati con la spending review che non hanno portato tanti benefici quanto inefficienze. La stessa Corte dei Conti recentemente ha richiamato a un riassetto delle funzioni e un riordino in materia fiscale. Anche il ritorno all’elezione diretta secondo la magistratura contabile non peserebbe troppo sulle casse dello Stato, ma avrebbe il vantaggio dell’accountability pubblica.

3) Il ddl Province ha comportato il rinvio delle elezioni di secondo livello. La Sicilia è l’unica regione in cui continua l’attività dei commissari. Una questione sulla quale si è pronunciata più volte la Corte Costituzionale. Si rischia il commissariamento?

No, ma indubbiamente c’è un cortocircuito istituzionale. In più occasioni la Corte Costituzionale ha espresso, anche con una certa forza, il suo punto di vista. E quindi è chiaro che ogni volta che una norma di questo tipo arriverà davanti alla Consulta il percorso decisionale è già segnato. Poco importa che ci sia la garanzia del Consiglio dei Ministri di non impugnare la legge, ci sono già altri soggetti pronti a contestarne la legittimità costituzionale. E’ chiaro che senza una strategia non si esce da questo vicolo cieco.

4) Non sarebbe meglio procedere con le elezioni di secondo livello, seguendo le sentenze della Corte Costituzionale?

Le elezioni di secondo livello sono certamente meglio dello stallo decennale in cui versano le province siciliane. Poi c’è sempre la possibilità di cambiare strategia e di seguire il percorso scelto dalla Regione Friuli Venezia Giulia che ha scelto di modificare, tramite legge costituzionale approvata dal Parlamento, il proprio Statuto al fine di reintrodurre le Province e la loro elezione diretta. E’ certamente un percorso più lungo ma che garantisce il raggiungimento del risultato.

5) Lei è stato assessore alla Provincia di Ragusa, è un fautore del ritorno al voto diretto?

Io sono assolutamente favorevole al ritorno del voto diretto per le Province proprio perché le ho vissute come amministratore. Erano enti che funzionavano adesso è un disastro.

6) Secondo lei, le Province siciliane dovrebbero occuparsi anche di acqua e rifiuti?

Possono svolgere un ruolo importante, soprattutto per aiutare i comuni. Di certo bisogna restituire alle Province tutte le funzioni e le competenze che esercitavano prima del 2014.

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