Il relatore del disegno di legge, Ignazio Abbate (Dc), non ha dubbi: “Per le ex Province si andrà a votare con l’elezione diretta tra aprile e giugno dell’anno prossimo assieme alle amministrative, anche perché senza questa riforma, mantenendo il voto di secondo livello, se ne parlerebbe almeno tra un anno”.
Il disegno di legge che reintroduce il voto diretto nei Liberi Consorzi e nelle tre Città metropolitane è stato approvato in commissione Affari istituzionali dell’Ars una settimana fa. La maggioranza ha deciso di congelarlo per portarlo a sala d’Ercole dopo l’approvazione della manovra di stabilità che il governo Schifani ha già trasmesso alla Presidenza dell’Ars per l’avvio dell’iter parlamentare.
Al netto dei rilievi della Corte costituzionale sui continui rinvii delle elezioni di secondo livello con la proroga dei commissariamenti e dei dubbi connessi al conflitto con la legge Delrio, la commissione ha approvato un testo di sette articoli con alcune novità rispetto al passato.
Viene ridotto il numero dei consiglieri: 24 nei liberi Consorzi comunali con meno di 400 mila abitanti e 29 con popolazione pari o superiore a 400 mila abitanti; 34 i componenti nei Consigli delle Città metropolitane fino a 1 milione di abitanti e 39 pari o superiore a 1 milione di abitanti.
Per quanto riguarda la giunta, in entrambi i casi, il numero degli assessori è pari a un terzo di quello dei componenti del Consiglio del libero Consorzio comunale e della Città metropolitana. Nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento, con eventuale arrotondamento aritmetico. Il ruolo di assessore è incompatibile con quello di consigliere. I sindaci dei comuni con più di 5mila abitanti sono ineleggibili, mentre possono candidarsi deputati regionali e nazionali ma in caso in elezione dovranno optare per l’incompatibilità. Viene introdotta la mozione di sfiducia, da parte di due terzi dei componenti del Consiglio, se approvata presidente e giunta decadono con la conseguente nomina di un commissario fino a nuove elezioni. La mozione di sfiducia non può essere proposta nei primi due anni del mandato, né negli ultimi 180 giorni. De essere motivata e sottoscritta da almeno due quinti dei consiglieri. Gli oneri per l’organizzazione delle elezioni, pari a 5 milioni e 150 mila euro, sono a carico del bilancio della Regione.
Presidenti e consiglieri rimangono in carica per cinque anni.
“Il lungo dibattito politico regionale sulla reintroduzione delle elezioni di primo di livello nelle Città metropolitane e nei liberi Consorzi comunali ha generato, sempre più, la convinta considerazione che non si possa prescindere dalla restituzione ai cittadini del diritto di scegliere i propri rappresentanti anche in ambito provinciale – si legge nella relazione al testo di riforma – È da evidenziare che sia nel programma dell’attuale governo regionale che in quelli di molti partiti politici, era presente il ripristino delle elezioni dirette degli organi intermedi. La proposta di legge intende quindi riportare i siciliani alle urne entro un preciso limite temporale, fissato tra aprile e giugno 2025, in modo che sia scongiurato il ricorso alle elezioni di secondo livello che, nei fatti, rendono gli elettori dei meri spettatori di accordi politici”.