“I numerosi elementi probatori acquisiti rivelano un pieno, effettivo, duraturo, consapevole inserimento di Rosalia Messina Denaro all’interno dell’associazione mafiosa. Rosalia Messina Denaro è una ‘donna di mafia’ non solo e non tanto perché nata, cresciuta e vissuta in una famiglia mafiosa, ma perché con adesione consapevole e indiscussa alle regole del sodalizio ha svolto con continuità e avvedutezza, per un lungo periodo, un importante ruolo all’interno dell’organizzazione”. Lo scrive il gip di Palermo nelle motivazioni della sentenza di condanna della sorella di Matteo Messina Denaro a cui, in abbreviato, il 12 luglio, sono stati inflitti 14 anni di carcere.
Per il magistrato la donna ha manifestato “piena ed incondizionata aderenza alle regole di cosa nostra e cioè ad una precisa scelta di vita criminale fondata sul rifiuto dello Stato e delle sue leggi”. Emblematici della mentalità della Messina Denaro sono le sue considerazioni, scritte in alcuni pizzini, sulle azioni degli investigatori ritenute “atti di persecuzione e insopportabile spregio al fratello”.
Oltre all’adesione alla “causa” del fratello Rosalia Messina Denaro “è stata infatti protagonista (svolgendo compiti eseguiti, e talvolta anche retribuiti, nel tempo anche dai fratelli Salvatore e Patrizia, oltre che dal proprio marito Filippo Guttadauro e dai cognati), del collaudato sistema riservato di veicolazione delle comunicazioni da e verso il latitante, non limitandosi peraltro a trasmettere materialmente i pizzini ma essendo diretta destinataria delle disposizioni da eseguire anche riguardanti richieste a terzi”.
Perciò, secondo il gip, la donna era “una collaboratrice di assoluta fiducia del latitante e avrebbe svolto una serie importate di operazioni economiche, in entrata e in uscita, corredate da sigle, indicazioni, minuziose rendicontazioni finanziarie che appaiono incompatibili con un’attività di rendicontazione di importi legittimante acquisiti e utilizzati per far fronte a spese personali e familiari in senso stretto”.
Rosalia Messina Denaro, infine, era colei che aveva il compito di “maneggiare il fondo riservato, che veniva continuamente rimpinguato, da utilizzare non solo per i fratello latitante e per sostenere spese personali anche voluttuarie ma anche per la distribuzione di denaro a terzi”.