Sarà un’Italia divisa in due ed a pagare le conseguenze, anche in termini di salute, saranno i cittadini del Sud.
Si è tenuta stamani, a Palermo, una manifestazione, organizzata da Cgil, Spi e Fp, contro le inadempienze del governo regionale e contro lo sciagurato provvedimento dell’autonomia differenziata approvato mercoledì 19 giugno alla Camera.
“Servono interventi radicali – dice il segretario generale della Cgil Sicilia, Alfio Mannino -. Vanno fatte assunzioni e stabilizzazione del personale precario. Serve una riqualificazione delle Rsa e Cta e il rafforzamento della rete di emergenza-urgenza. Ma anche un’effettiva integrazione socio-sanitaria e la sicurezza del personale sanitario”.
Le criticità del Ss in Sicilia
Al governo regionale i sindacati contestano il mancato riordino della rete ospedaliera e della medicina del territorio, l’eccessiva attenzione al settore privato, la propensione ai giochi di potere e alle clientele, la mancata iniziativa rispetto al problema della carenza di personale sanitario.
Simbolo di questa sanità “mal gestita” sono gli 800 mila siciliani che ogni anno rinunciano alle cure. Ma anche la migrazione verso regioni dove i livelli essenziali di assistenza vengono garantiti e le liste d’attesa.
In merito a quest’ultimo punto, “sappia, che sono circa 30mila le persone in attesa di ricovero e 55 mila quelle che aspettano una visita diagnostica. I 50 milioni arrivati da Roma sembra che non abbiano aiutato a smaltire le prestazioni, in considerazione dei tempi infiniti per prenotare, esami diagnostici o visite specialistiche”.
L’’autonomia differenziata
Gli enormi divari in ambito sanitario tra il Nord e il Sud del Paese, hanno sin da subito sollevato preoccupazioni riguardo all’equità di accesso alle cure. Nonostante i Lea, il loro monitoraggio annuale e l’utilizzo da parte dello Stato di strumenti quali Piani di rientro e commissariamenti, persistono inaccettabili disuguaglianze tra i 21 sistemi sanitari regionali. La frattura strutturale, evidenziata da esperti come la Fondazione Gimbe, compromette qualità dei servizi sanitari, equità di accesso, esiti di salute e aspettativa di vita alla nascita, alimentando un imponente flusso di mobilità sanitaria dal Sud al Nord. Di conseguenza, l’attuazione di maggiori autonomie in sanità, richieste proprio dalle Regioni con le migliori performance sanitarie e maggior capacità di attrazione, non potrà che amplificare le disuguaglianze già esistenti.
Gli stessi medici hanno più volte evidenziato che, prima di partire con l’autonomia differenziata sarebbe stato opportuno mettere al pari le Regioni. Ma oggi il provvedimento “sottrarrà alla Sicilia 1,3 miliardi l’anno e questo significherà meno servizi, meno sanità, meno istruzione, meno infrastrutture – sostiene Carmelo Calvagna segretario provinciale Cgil Medici Catania -. Il pubblico non riuscirà a sostenere il sistema sanitario e si andrà verso una privatizzazione”.
Difatti, i poteri concessi alle Regioni, senza nemmeno prevedere una clausola di supremazia, permetteranno, ad esempio, una maggiore libertà su tariffe e tickets e nella gestione dei fondi integrativi, con il rischio di portare sempre più ad una privatizzazione della sanità ed a un sistema mutualistico-assicurativo, che non tutti i cittadini si possono permettere.