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L'analisi

Se la Chiesa non può più parlare del diavolo

lunedì 11 Marzo 2024

Come era prevedibile la tragedia di Altavilla Milicia – l’uccisione di una donna e di due figli nel corso di un fantomatico esorcismo –  è finita nel cono di attenzione mediatica delle trasmissioni del pomeriggio, della cosiddetta Tv del dolore che non manca mai, in uno dei suoi tanti aspetti deteriori, di una vocazione inquisitoria per far sì che lo “spettacolo” possa continuare  scatenando inviati e commentatori  per cercare in maniera compulsiva dettagli attorno a cui costruire la propria narrazione “esclusiva”.

Don Salvo Priola

Così nel mirino di una di queste trasmissioni è finito il rettore della Basilica Santuario Madonna della Milicia monsignor Salvatore Priola e una sua omelia di settembre in cui metteva i suoi fedeli in guardia dall’attività del Maligno e sottolineava la presenza di alcuni casi di possessione diabolica nel territorio del comune del palermitano. Parole, insieme a quelle carpite da un inviato, che sono state date in pasto all’opinione pubblica e ai social per suggerire un legame pericoloso tra il crimine efferato che sarebbe stato consumato da Giovanni Barreca e da altri soggetti e la predicazione ecclesiastica sul Diavolo presentata come pericolosa e quasi come terreno fertile per lo sviluppo del clima di fanatismo che ha portato alla tragedia di Altavilla.

Questa velata insinuazione maturata in ambienti televisivi non fa onore alla verità ed è sintomatica di un certo pensiero, purtroppo presente anche nella Chiesa cattolica, che bolla come “medievale” e superstizioso ogni insegnamento ecclesiastico sul Demonio.

E’ necessario ricordare, intanto, che il triplice omicidio di Altavilla è purtroppo maturato in un contesto che potremmo definire pseudo religioso e che comunque non è quello dell’insegnamento rigoroso e  tradizionale della Chiesa cattolica. Pertanto l’attenzione mediatica, se mai ce ne fosse bisogno, andrebbe rivolta ad altri contesti religiosi e non alla comunità cattolica di Altavilla Milicia e del suo pastore monsignor Priola che, curriculum alla mano, non è un santone né un improvvisato curato di campagna.

I sorrisi imbarazzati o di sufficienza, in Tv e altrove,  sulle affermazioni sull’esistenza del Diavolo sono purtroppo il frutto di quel “silenzio sul Demonio” – così definito dal cardinale cappuccino Raniero Cantalamessa – che è stato imposto da una corrente di pensiero intellettualista che ha fatto scuola nella anche nella Chiesa cattolica per cui il Diavolo non esiste, facendolo così scomparire dalle omelie dei parroci, dalla riflessione teologica, riducendolo a puro mito, a superstizione.

Sullo sfondo c’è poi anche quella pretesa di adeguare la Chiesa alle esigenze del mondo, arrivando perfino a stabilire gli argomenti che dovrebbe affrontare: diritti, benedizioni per tutti, apertura del sacerdozio alle donne…

In questo quadro è chiaro che non si può sbagliare. E’ tollerabile un prete che si mette a parlare del Diavolo? No. E un Papa che suggerisce un percorso di pace mentre migliaia di donne e di uomini, di bambine e di bambini soffrono e muoiono per i conflitti? Nemmeno. Il diavolo non esiste e la guerra è la migliore soluzione politica.

Una Chiesa che non parla del diavolo, che non dice una parola sulla guerra o sulle altre tragedie di questo mondo è una Chiesa che rinuncia a denunciare il male.  Quel male che si rivela –  come diceva il gesuita Michel de Certeau – sempre di più come  “substrato irrazionale della nostra società”.

 

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