La Direzione Investigativa Antimafia di Trapani ha dato esecuzione ad un decreto di sequestro anticipato ai fini della successiva confisca di prevenzione dell’intero patrimonio mobiliare, immobiliare e societario riconducibile a Giovanni Franco Becchina, noto commerciante internazionale d’opere d’arte e reperti di valore storico-archeologico.
Becchina, originario di Castelvetrano, in provincia di Trapani, è stato titolare in passato di una galleria darte a Basilea, in Svizzera, nonchè di imprese operanti in Sicilia nei variegati settori del commercio di cemento, nella produzione e commercio di prodotti alimentari e olio d’oliva in Sicilia, esportato con successo soprattutto all’estero.
Il provvedimento di sequestro è stato emesso dal Tribunale di Trapani Sezione Penale e Misure di Prevenzione a seguito di richiesta di applicazione di misura di prevenzione personale e patrimoniale avanzata dalla Procura della Repubblica Distrettuale di Palermo.
Secondo la ricostruzione effettuata dagli investigatori della Sezione D.I.A. di Trapani, Giovanni Franco Becchina avrebbe accumulato ricchezze con i proventi del traffico internazionale di reperti archeologici, molti dei quali trafugati clandestinamente nel più importante sito archeologico della Sicilia (Selinunte) da tombaroli al servizio di Cosa nostra.
A gestire le attività illegali legate agli scavi clandestini ci sarebbe stato l’anziano patriarca mafioso Messina Denato Francesco, poi sostituito da suo figlio: l’odierno latitante Matteo Messina Denaro.
Secondo alcuni collaboratori di giustizia, ci sarebbe stato proprio Messina Denaro Francesco, dietro il furto del famoso Efebo di Selinute, statuetta di grandissimo valore storico archeologico trafugata negli anni ’50.
Lo svolgimento da parte di Becchina di un fiorentissimo traffico internazionale di reperti archeologici, di durata trentennale, è stato attestato nella sentenza emessa in data 10 febbraio 2011 dal Gup di Roma, mentre l’esistenza di cointeressenze economiche tra il proposto ed esponenti di spicco della consorteria mafiosa, oltre che dalle dichiarazioni di numerosi e qualificati collaboratori di giustizia (Spatola Rosario, Calcara Vincenzo, Siino Angelo, Brusca Giovanni) è stata accertata, in via definitiva, dal Tribunale di Agrigento che, al termine del procedimento di prevenzione celebratosi a carico del noto imprenditore mafioso Cacio Rosario, con decreto del 21 giugno 2011 ha disposto, tra l’altro, la confisca della ATLAS Cementi S.r.l., società costituita nel 1987 proprio da Becchina e della quale Cascio era entrato a far parte nel 1991.
A partire dal 1979 Becchina era stato più volte denunciato per detenzione illegale di reperti d’interesse storico artistico e nel 2001 veniva coinvolto in una vastissima indagine giudiziaria, iscritta presso la Procura della Repubblica di Roma, perché ritenuto a capo di un’agguerrita organizzazione criminale dedita, da oltre un trentennio, al traffico internazionale di reperti archeologici, per la gran parte provenienti da scavi clandestini di siti italiani, esportati illegalmente in Svizzera per essere successivamente immessi nel mercato internazionale, anche grazie alla complicità dei direttori di importantissimi musei stranieri.
Il collaboratore di giustizia marsalese Concetto Mariano ha dichiarato di aver ricevuto l’incarico dai vertici del suo mandamento mafioso di trafugare il famoso Satiro danzante, reperto archeologico conservato a Mazara del Vallo (TP). Ad ordinare il furto sarebbe stato Messina Denaro Matteo, che avrebbe poi provveduto a commercializzarlo attraverso sperimentati canali svizzeri.
Da ultimo, poco prima di morire, il collaboratore di giustizia castelvetranese Cimarosa Lorenzo ha parlato dei rapporti esistenti tra Becchina e Messina Denaro Matteo. Informazioni che gli avrebbe riservatamente rivelato Guttadauro Francesco, nipote prediletto (attualmente detenuto per mafia) della primula rossa di Castelvetrano.
Il provvedimento di sequestro colpisce aziende (Olio Verde s.r.l., Demetra s.r.l. Becchina & Company s.r.l.), terreni, conti bancari, automezzi, ed immobili, tra i quali l’antico castello Bellumvider di Castelvetrano, la cui edificazione si fa risalire a Federico II, nei secoli successivi eletto a residenza nobiliare del casato Tagliavia – Aragona – Pignatelli, principi di Castelvetrano.
Personale della Dia sottoponeva a perquisizione l’abitazione di Becchina, eletta nell’antica tenuta di caccia della famiglia Tagliavia – Aragona – Pignatelli.
Difficile quantificare il valore dei beni in sequestro d’interesse storico–architettonico, che certamente ascende a svariati milioni di euro.