Continua il vespaio di polemiche dopo l’intervento del neo assessore regionale ai Beni Culturali, Vittorio Sgarbi, che ieri ad Agorà si è scagliato contro il pm Nino Di Matteo, sostenendo che le “ha tratto beneficio delle minacce di morte ricevute dal carcere da Totò Riina. Ha cavalcato l’onda per fare il martire”.
Oggi Sgarbi fa un nuovo intervento sui social: “È evidente che in Sicilia non c’è interesse a combattere la mafia. C’è da parte di persone libere, ma non da parte di Cancelleri, D’Uva e alcuni del partito democratico, i quali vaneggiano su frasi che io non ho detto, ma riflessioni che ho fatto. Ricordo – dice Sgarbi – che non io, ma Fiammetta Borsellino ha già indicato il depistaggio che vuol dire semplicemente orientarsi da una parte incerta invece che da una parte certa nelle indagini condotte dal dottor Di Matteo su suo padre Paolo. La figlia di Borsellino nel 25° anniversario della strage di Via D’Amelio ha indicato le lacune e le omissioni della ‘procura massonica’ guidata all’epoca da Gianni Tinebra che è morto ma dove c’erano Annamaria Palma, Carmelo Petralia e Nino Di Matteo… Il risultato, secondo Fiammetta Borsellino, sono stati 25 anni buttati via, anni di pentiti costruiti con lusinghe o torture”.
“La trattativa del 92-93 ha fatto vittime vere: a partire dal generale Mori, un eroe, quello sì, non Di Matteo. Mori è stato trattato come un delinquente da Di Matteo e gli altri. E così vale per Calogero Mannino, forse non un eroe, ma in galera da innocente”.
“Non risulta – prosegue Sgarbi – che Di Matteo abbia querelato la Borsellino ma che abbia invece chiesto di essere convocato dalla Commissione Antimafia per una audizione che è stata una arringa difensiva. Il mio intervento ha semplicemente inteso indicare la necessità di non trasformare gli uomini in eroi – conclude Sgarbi -. Esattamente quanto disse Bertold Brecht: ‘Sventurata la terra che ha bisogno di eroi‘. Io non credo e non voglio che la Sicilia sia sventurata. Arriverò fino in fondo, non mi dimetto. Dimettetevi voi”.
Il presidente della Regione, Nello Musumeci, ieri sera ha preso le distanze: “Il professore Vittorio Sgarbi è libero, come ogni cittadino, di esprimere qualsiasi giudizio, nella stessa misura in cui rivendico la mia libertà di non condividerne, nella fattispecie, le forme ed il contenuto. Aggiungo che essendo l’amico Sgarbi componente del governo da me presieduto, sono certo saprà improntare le proprie dichiarazioni alla sobrietà che il ruolo pubblico impone a ciascuno di noi”.
Subito dopo il richiamo di Musumeci alla sobrietà, arriva una nuova nota di Sgarbi: “Assunte le funzioni di membro del governo della Regione Siciliana, e in seguito alle sagge parole del presidente Musumeci che mi richiama alla sobrietà del ruolo pubblico, prendo atto che la mia libertà di opinione e di esternazione (di cui fu cattivo maestro Francesco Cossiga) è condizionata dallo stato di emergenza nel quale si intende lasciare la Sicilia, limitando i diritti costituzionali garantiti dall’Italia. Sul piano giudiziario la Sicilia è commissariata. Bertolt Brecht e Leonardo Sciascia hanno perso. Il bacio di Andreotti e Riina sigilla l’anomalia della Trattativa, e indica che la Sicilia ha bisogno di eroi. Non vorrò essere io a ostacolarlo. E, in questo spirito, auguro buon lavoro al dottor Di Matteo. Per questo, nel tempo del mio impegno come Assessore ai Beni Culturali, mi occuperò soltanto del patrimonio e della sua tutela, ovvero della Storia, evitando di pronunciarmi sulla cronaca e sulle questioni giudiziarie. Prendo atto che – soprattutto nel mio ruolo istituzionale – in Sicilia non sono opportuni, e forse nemmeno consentiti, la libertà di opinione e il diritto di critica, ovvero una agibilità politica non condizionata da poteri forti – continua Sgarbi –. Rinuncio ad occuparmi del presente, sul quale altri pretendono di avere l’incontrastato dominio fino al limite del pregiudizio; e mi rifugio nella Storia, nella speranza che in essa si rispecchino i siciliani migliori in attesa di un Rinascimento”.
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