Dopo la decisione presa da Trenitalia alcuni giorni fa di abolire i treni notte a lunga percorrenza da e per la Sicilia, le segreterie regionali di Orsa, Fast e Ugl hanno avviato le procedure di raffreddamento. Una fase, quest’ultima, che precede la proclamazione di scioperi e manifestazioni da parte dei lavoratori. Il sindacato è sul piede di guerra. Oltre i disagi causati ai passeggeri, la soppressione di queste tratte ha ricadute pesantissime sul personale che opera in Sicilia ed in particolare su quello impiegato per l’attraversamento dei convogli sullo Stretto di Messina. Secondo le stime, per quanto riguarda la sola navigazione, sarebbero coinvolte circa 400 unità. Se si considera tutto il comparto, invece, il numero salirebbe a 700.
A partire dal 1 ottobre prossimo, quindi, non saranno più in funzione i treni 1954 – 1956 – 1957 – 1955 in partenza da Palermo e Siracusa verso Roma. Per i sindacati si tratta dell’ennesimo attacco alla “continuità territoriale, in spregio agli accordi già in essere con il governo, togliendo di fatto ai siciliani il diritto alla mobilità verso il resto del Paese e dal resto del Paese il diritto di mobilità verso la Sicilia”. Già nel 2015 l’azienda aveva provato a smantellare la lunga percorrenza da e verso la Sicilia. Un tentativo sfumato grazie alla grande mobilitazione delle organizzazioni sindacali, delle associazioni e dei cittadini.
Secondo Mariano Massaro, segretario regionale dell’Orsa, da anni è in atto una strategia volta alla totale eliminazione del servizio. Nella nota congiunta le tre sigle sindacali denunciano la grave carenza di investimenti: “nei fatti i treni da e per la Sicilia e le navi adibite al trasporto ferroviario sono sempre di meno le infrastrutture abbandonate a se stesse, manutenzioni praticamente inesistenti, fino ad oggi hanno mantenuto un servizio essenziale con materiale vetusto, convogli ferroviari ampiamente in disuso nel resto d’Italia sono destinati alla continuità territoriale da e per la Sicilia, treni viaggiatori assimilabili a carri bestiame restano riservati al profondo Sud mentre nel resto d’Italia si viaggia ad alta velocità”.
“Il chiaro obiettivo era quello di rendere il servizio inefficiente e poco fruibile – prosegue la nota – per poi eliminarlo con un colpo di spugna”. In ballo, spiega Massaro, ci sono i 47 milioni di euro che lo Stato stanzia ogni anno per garantire l’attraversamento dei treni su nave. “Non a caso – spiega il comunicato stampa – il Governo da tempo ha sospeso anche le sovvenzioni per i mezzi veloci in forza a Bluferries che operano fra Messina e Villa S.Giovanni, le risorse pubbliche destinate all’ex Metromare sono state orientate, quasi totalmente, verso la flotta veloce dell’Armatore privato Morace, che garantisce il collegamento marittimo dei pendolari fra Messina e Reggio Calabria, mentre le monocarena di Bluferries torneranno in forza a RFI che dovrà garantire il servizio di traghettamento veloce dei pedoni senza sovvenzioni aggiuntive, sottraendo risorse significative alla continuità territoriale”.
Nel disegno di Trenitalia, quindi, i passeggeri che desiderano partire dalla Sicilia con il treno per raggiungere il resto del Paese dovrebbero prendere un regionale fino a Messina, scendere a piedi con i bagagli, imbarcarsi sul traghetto per attraversare lo Stretto, sbarcare in Calabria a Villa San Giovanni, raggiungere la stazione e salire su un altro treno che li porterà a destinazione. Coloro che dal resto d’Italia intendesse raggiungere l’Isola dovrebbero fare il percorso inverso.