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Al processo d’appello Capaci bis il pentito Riggio ha sollevato di recente l’ipotesi dell’esistenza di un secondo telecomando, e quindi la pista del cosiddetto “doppio cantiere” per uccidere il giudice Giovanni Falcone quel 23 maggio 1992.
«Io l’ho sempre sostenuto dal primo momento. Le mie indagini portavano in questa direzione… poi mi hanno bloccato. Il Gotha di Cosa nostra, i corleonesi, non avevano la capacità organizzativa, militare, strategica, di intelligence, per organizzare un attentato come la strage di Capaci. L’elemento principale non era l’esplosivo utilizzato, ma le informazioni su quando e come Falcone sarebbe arrivato da Roma a Palermo. Falcone viaggiava in un aereo dei Servizi segreti col piano di volo coperto da Segreto di Stato. Non doveva e non poteva saperlo nessuno. Chi lo ha saputo, l’ha saputo dagli apparati dello Stato. Infatti le telefonate che io ho trovato partivano da Roma».
Questo, uno dei passaggi cruciali dell’intervista che l’Avvocato Gioacchino Genchi ha rilasciato ai microfoni de ilSicilia.it
«La mafia è stata usata per lasciare il marchio, il bollino, l’imprimatur di chi l’aveva fatta. Quelli erano dei pecorai… Brusca non lo aveva mai preso un telecomando in vita sua! A loro hanno dato l’impressione di aver premuto. Di loro servivano quelle cicche di sigaretta, fatte trovare e analizzate dall’FBI, per dare il marchio di origine a quella strage. Cosa nostra si è prestata a quel gioco, ma per loro è stata la fine, perché con quella strage hanno fatto l’errore peggiore della loro vita: sono stati truffati da chi li ha portati in quella collinetta a recitare la parte. Quelli erano dei figuranti, erano degli attori, perché i veri protagonisti di quella strage non sono mai emersi. Quei mafiosi pecorai assassini la strage l’hanno fatta, ma il congegno, l’organizzazione, la predisposizione, lo studio, la scelta, il momento, il perché, serviva ad altri. Quelli si sono prestati a recitare la comparsa».
E ancora: «Gli Stati Uniti, che per me sono la regia strategica e politica di quell’attentato. Sicuramente c’è stata una sovrapposizione di telecomandi. La vera storia di quell’attentato deve essere ancora scritta», conclude Genchi.
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