Quello che si sta per profilare è uno smacco senza precedenti per lo sport italiano. A pochi mesi dalle Olimpiadi di Tokyo, rinviate a quest’anno a causa dalla pandemia l’Italia sta per essere nominalmente estromessa dalla kermesse a cinque cerchi.
Le ragioni per cui ormai si va verso la sanzione da parte del Comitato Olimpico Internazionale è la riforma sullo sport promossa dal governo Conte I (il così detto esecutivo giallo-verde con M5S e Lega) che ha privato il Coni della propria autonomia spostando la competenza all’organizzazione governativa Sport e Salute.
Uno status quello conferito al Coni incompatibile con i regolamenti del Cio, che non consente la partecipazione ai Comitati Olimpici nazionali che non siano dotati d’autonomia. La situazione, già nota e segnalata da tempo, non è stata risolta negli ultimi mesi nemmeno con l’intervento riformativo dell’attuale ministro allo Sport Spadafora.
A questo punto è sempre più probabile che il Cio escluda l’Italia dalla partecipazione alle prossime Olimpiadi tra due giorni con il paese che farebbe la stessa fine della Russia (esclusa per la questione del Doping di Stato) e la Bielorussia (per le denunce fatte dalle istituzioni sportive locali nei confronti del presidente Lukashenko e dei trattamenti riservati ad alcuni sportivi).
Gli atleti azzurri gareggerebbero comunque ma lo farebbero sotto le insegne del Cio (come già successo alla Russia nelle ultime Olimpiadi Invernali) con lo status di indipendenti, senza una bandiera o un inno che suoni in caso di medaglia vinta.
L’unico modo per salvare in extremis la bandiera (e soprattutto la faccia) è discutere prima del 27 gennaio l’approvazione di una legge che ripristini lo status d’autonomia del Coni, prospettiva difficile sia per ragioni di tempo che per questioni politiche all’interno della maggioranza.