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Durante la quarantena compagni fedeli – rifugi dell’anima per certi versi – sono stati i libri e, tra questi, sorprendente rivelazione, c’è “I leoni di Sicilia. La saga dei Florio” (casa editrice Nord) di Stefania Auci.
Dalla sua uscita nelle librerie, nel maggio dello scorso anno, questo romanzo continua a riscuotere consensi tanto da essere già alla 19esima ristampa, oltre ad essere approdato in Francia, Germania, Olanda, Spagna e Stati Uniti.
Una bella notizia rimbalzata nel periodo della quarantena è che il primo volume presto diventerà una serie televisiva per la Rai e che, soprattutto, è in cantiere, quasi agli sgoccioli, il secondo volume del libro che chiuderà l’arco storico della famiglia Florio.
“Riflettevo nei giorni scorsi – ci ha detto Stefania Auci – che sono quasi sei anni che mi dedico a questo progetto e il secondo volume, forse ancor più del primo, si sta rivelando complesso nella sua stesura“.
Abbiamo voluto incontrare Stefania Auci nei pressi della Villa Quattro Pizzi, simbolo, presente tutt’oggi, del segno lasciato dalla famiglia Florio nella borgata marinara dell’Arenella.
“Sono molto affezionata a questo edificio – ci dice Stefania nel video – che è al centro della vita dei Florio e quindi occupa anche gran parte di questo primo volume poiché al suo interno si svolgono molte delle vicende che racconto“.
Dall’ingresso dei Florio nell’Isola allo sviluppo delle loro attività, e del conseguente prestigio, la storia ha rintracciato, tra leggende, fatti verosimili e fatti realmente accaduti, una mole significativa di evoluzioni e passaggi che hanno caratterizzato la Palermo dell’800.
Ma il successo de “I leoni di Sicilia” non è da attribuire esclusivamente al fascino e alla curiosità che la famiglia Florio ha sempre riscosso.
È il sapiente intreccio ordito dalla Auci, tra le vicende storiche e vita privata dei Florio, raccontando la Palermo di ieri, che cattura il lettore coinvolgendolo sin dalle prime pagine.
Perché è su quel “what if“, sul “cosa potrebbe essere accaduto” che la fantasia dell’autrice aggiunge quel tocco in più, quella spezia che da sapore ci viene da dire, attingendo agli inizi dell’attività del Florio.
Il successo di questo romanzo ha travolto per prima la stessa Stefania che, con umiltà rara e sincera, ci dice di dover “usare con parsimonia il termine capolavoro” in riferimento al suo libro: “Tra quarant’anni sapremo se è veramente così“.
Indiscutibile è, però, la passione che l’autrice riesce a trasmettere con la sua scrittura.
“La scrittura è un parte della mia vita, non l’unica, ma di certo una parte fondante, sorretta da una passione profonda. È quest’ultima che mi permette di gestire la fatica mentale e fisica che comporta scrivere un libro di questo genere”.