La composizione delle classi, all’inizio di ogni anno scolastico, deve seguire specifici criteri basati sul numero di iscritti. A tal proposito, in questi giorni si discute della possibilità di introdurre un tetto massimo al numero di studenti stranieri. Ma la realtà dei fatti può scontrarsi con i propositi normativi. Una misura di questo tipo, infatti, può provocare dei riflessi di grande rilievo sia sul fronte della concentrazione della popolazione studentesca in alcuni istituti, sia sotto l’aspetto della implementazione degli organici del corpo docenti.
A Palermo, secondo alcuni dati dell’Ufficio scolastico regionale (Usr), il numero di studenti “stranieri” iscritti è di 4.450. La loro concentrazione non è però equilibrata, ma si dispone a “macchia di leopardo” nel territorio del capoluogo. Il numero maggiore di iscritti si registra nelle scuole del centro storico piuttosto che nelle aree prettamente residenziali della città o nei piccoli Comuni.
Dover frequentare un istituto scolastico distante da casa, se la richiesta di iscrizione avvenisse dopo il raggiungimento di un’ipotetica soglia limite, genererebbe delle difficoltà non indifferenti per i ragazzi e le loro famiglie. Come chiarisce Emanuele Panebianco, presidente provinciale Anief per Palermo: “È impensabile che un genitore immigrato faccia andare il proprio figlio a scuola in una zona molto distante dal centro storico dove vive e lavora la maggior parte di loro. Per questo, se venisse introdotto un tetto massimo agli studenti stranieri ci sarebbe anche un rischio enorme di dispersione”.
Inoltre, si pone l’ulteriore problema delle misure che automaticamente scatterebbero al superamento del tetto massimo di studenti stranieri. Gli iscritti “in più” verrebbero inseriti in classi uniche a totale composizione di soggetti con cittadinanza non italiana. “Tenuto conto che il diritto allo studio è costituzionalmente garantito – afferma Panebianco – non è possibile impedire ad un alunno di iscriversi a scuola. Quindi il progetto risulta già utopistico in partenza. Mettendo un tetto massimo, ci può essere il rischio di una ghettizzazione”.
Ma dietro questa proposta normativa, potrebbe anche celarsi una questione di tipo economico e laburistico. In alcune classi dove la presenza di discenti stranieri è molto elevata, specie nelle scuole primarie, si manifesta la necessità di metodi di apprendimento specifici della lingua italiana, prima ancora di pensare allo svolgimento dei programmi ministeriali.
A tal fine, esiste la classe di insegnamento A023, cioè il titolo abilitante all’insegnamento dell’italiano agli stranieri. Finora, spiega il presidente provinciale di Anief: “Questa categoria era già stata prevista nel 2015-2016 e poi non è mai stata attivata, a parte che per i centri d’istruzione per adulti (Cpia). Tutti questi insegnanti dovrebbero essere inseriti nelle scuole attraverso supplenze e, a posteriori, immissioni in ruolo”.
È chiaro, tuttavia, che a livello economico l’assunzione di nuovo personale scolastico implica degli ingenti stanziamenti a favore del comparto scuola. Al contrario, l’imposizione di una soglia limite non è “costosa” dal punto di vista economico, ma può provocare alcuni risvolti negativi tra cui “una migrazione interna in altre scuole lontane dai luoghi di abitazione e, rischio ancora più grande, quello di un incremento dell’abbandono scolastico”, conclude Emanuele Panebianco.
L’indice di dispersione degli studenti stranieri, a Palermo e provincia è infatti già pari al 10,31% secondo gli ultimi dati diffusi dall’Usr. Punte del 20,18% vengono raggiunte per gli studenti delle scuole superiori di secondo grado. Dato preoccupante, che anziché correre il rischio di subire un incremento andrebbe certamente contrastato al fine di un suo sostanzioso abbattimento.