Nello Musumeci in un editoriale scritto su La Sicilia all’indomani del suo insediamento, ha accennato senza mezzi termini né riserve al deficit che in questi anni ha colpito ripetutamente e in maniera diffusa la capacità di scelta dei siciliani quando si è trattato di mandare in parlamento, all’Ars e nei consigli comunali, i propri rappresentanti: “elettori che per anni e anni hanno premiato politici chiacchierati e adusi a pratiche inconfessabili”, scrive il neo governatore.
Il problema della scelta dei leader è globale quanto quello di chi li deve scegliere e va trattato con la consapevolezza di chi non vuole indulgere né dissimulare e con la pertinenza di chi non vuol fare sconti.
Al tempo stesso, bisogna evitare la colpevolizzazione a oltranza di una terra in cui la linea di confine tra l’accesso al mondo del lavoro e le clientele della politica è stata confusa e sovrapposta. Spesso ragionevolmente oltre ogni limite.
Non è la Sicilia che ha un problema di leader. È il mondo intero. Ladri, incapaci o diversamente inaffidabili, se ne trovano a latitudini diverse e con mille sfaccettature che poco cambiano alla natura sostanziale del problema.
Ci si è appassionati, anche troppo a lungo negli ultimi tempi, sulle gaffe degli elettori americani che hanno scelto Trump dopo aver sorriso per i britannici che avevano siglato la Brexit senza comprenderne adeguatamente gli effetti.
Da questo punto di vista il voto siciliano è netto e consapevole. In pratica da sempre.
Se Musumeci arriva con ritardo a governare la Sicilia, infatti, non è solo per colpa della partitocrazia che ha regnato ininterrottamente, ma delle scelte di chi si è rifugiato nella comodità di un voto più sicuro e senza sorprese.
Il cuffarismo prima e le coalizioni allargate dell’era berlusconiana, poi, sono stati un porto sicuro e ben riconoscibile per il voto dei siciliani. Del resto le regole si possono cambiare solo da dentro. Questa è la prima parte della grande opportunità del leader di #diventerabellissima.
Il cambio di passo degli elettori, in secondo luogo, comincia da una comprensione reale e maggiormente percepita dei problemi della Sicilia.
Per la platea, più o meno scarna che ancora si appassiona di politica, entrare criticamente e non in maniera passiva nella narrazione della malasanità o dei rifiuti da portare all’estero, non risolverà nulla, ma metterà i siciliani in sintonia con un atteggiamento meno inquinato dalla frequentazione, a volte indiscriminata, dei social, e con la capacità di valutare le proposte dei vari politici di turno.
Il nuovo presidente della Regione vorrà dire “qualche no”, “ha sempre detestato i cortigiani” e ha annunciato di volere: “convertire gli scettici e i rassegnati”. Musumeci rientra, per molti aspetti, nella categoria dei politici che amano la politica, ma non sopportano “la corte dei nani”.
Proprio ‘gli impresentabili’ che sono stati identificati nelle ricostruzioni dell’ultima campagna elettorale sono una grande opportunità per il governatore siciliano di fare chiarezza. È tempo infatti di distinzioni e di scelte che si possano vedere.
Nella settimana degli incontri risolutivi con i partiti della coalizione per chiudere sui nomi della giunta, Musumeci che lo scorso anno si definiva un ‘grillino ante litteram’, rivendicando metodi di altra politica che i siciliani in qualche modo gli hanno riconosciuto, premiandolo con il loro voto, magari proverà a porre i paletti necessari per delimitare ambiti netti e perimetri di agibilità politica, restituite alla ripartenza che la Sicilia chiede.