La Dia di Trapani ha arrestato per associazione mafiosa l’imprenditore edile Nicolò Clemente, 50 anni, e sequestrate le società Calcestruzzi Castelvetrani e Clemente costruzioni.
L’operazione, con l’esecuzione di un provvedimento del Gip, rientra nell’ambito delle iniziative investigative condotte dalla Dia, coordinata dalla Dda di Palermo, per disarticolare la rete dei consociati mafiosi più “vicini” al latitante Matteo Messina Denaro, attraverso l’individuazione e l’eliminazione dal mercato delle imprese mafiose che costituiscono le principali fonti di approvvigionamento finanziario dell’organizzazione mafiosa di Castelvetrano.
Le indagini sono sono scaturite dalle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia Lorenzo Cimarosa e Giuseppe Grigoli che indicano Clemente come una delle più attive espressioni imprenditoriali del sodalizio, attivo nei settori dell’edilizia pubblica e privata e nel commercio del conglomerato bituminoso, per assicurare risorse finanziarie alla ‘famiglia’.
Il nucleo famigliare di Nicolò Clemente, ricostruisce la Dia di Trapani, è stato da sempre parte dello zoccolo duro dell’associazione mafiosa di Castelvetrano. Il fratello Giuseppe, associato di primissimo rango e facente parte della cerchia più ristretta e fidata degli amici di Matteo Messina Denaro fu condannato mafia e per alcuni omicidi, commessi in concorso col superlatitante di Cosa nostra. Pericoloso killer di cosa nostra trapanese, Giuseppe Clemente esercitò l’attività imprenditoriale insieme al fratello Nicolò.
Quest’ultimo aveva un rapporto di ‘collaborazione’ di natura fiduciaria, scrive il Gip, con Vito Cappadonna condannato per aver aiutato Messina Denaro durante la sua latitanza, mettendogli a disposizione vari alloggi e fungendo da vivandiere e co-detenuto del fratello Giuseppe Clemente. Dopo la condanna all’ergastolo, Giuseppe, afflitto da crisi depressive, si suicidò in carcere nel 2008, proprio nel giorno del compleanno dell’amico Matteo Messina Denaro.
Il legame tra la famiglia Clemente e quella di Messina Denaro risulta anche di tipo imprenditoriale nella società “Enologica Castelseggio”, costituita negli anni Ottanta, oggi definitivamente confiscata in quanto diretta espressione delle famiglie mafiose di Castelvetrano e strumento di riciclaggio.
Nicolò Clemente, osserva il Gip, è risultato pienamente inserito nel contesto mafioso-imprenditoriale castelvetranese attraverso una logica spartitoria ispirata dai vertici della famiglia mafiosa (tra tutti il latitante ed i suoi parenti in libertà) ed attuata mediante il sistematico ricorso alla violenza e alla minaccia nei confronti dei committenti riottosi a piegarsi di fronte alla sua caratura mafiosa. Il pentito Cimarosain un colloquio registrato in carcere nel 2014 affermava che Patrizia Messina Denaro, sorella del latitante arrestata dalla Dia di Trapani nel 2013, aveva ricevuto denaro da Nicolò Clemente e da altri imprenditori che in quel momento si spartivano le commesse controllate dalla famiglia mafiosa di Castelvetrano.
Le indagini hanno anche documentato alcuni riservati summit mafiosi cui hanno preso parte Clemente e Dario Messina, presunto reggente della famiglia mafiosa di Mazara del Vallo (TP), recentemente sottoposto a fermo nell’ambito dell’operazione ‘Annozero‘. Durante l’operazione la Dia di Trapani, con lo Sco e le Squadre Mobili di Trapani e Palermo, ha eseguito anche diverse perquisizioni locali nei confronti di presunti esponenti mafiosi castelvetranesi.