Ancora Mori al processo sulla presunta trattativa Stato-mafia. Dopo l’audizione del colonnello Massimo Giraudo, l’ex generale dei carabinieri Mario Mori ha rilasciato dichiarazioni spontanee replicando alle accuse di contatti tra Mori e la P2. “Non ho mai fatto parte di alcuna loggia massonica. Al contrario del giornalista Mino Pecorelli che era iscritto alla P2. C’erano anche i generali Miceli e Maletti, ma anche il capitano Labruna, al contrario degli ufficiali all’epoca in forza al Raggruppamento Centri CS, in cui io ero inquadrato, nessuno dei quali, a cominciare dal colonnello Federico Marzollo risultava e risultò legato ad ambienti massonici. Questo è un dato facilmente accertabile consultando gli atti della Commissione Parlamentare d’inchiesta sulla P2″.
L’ex generale, assolto sia dall’accusa di aver favorito la latitanza di Provenzano impedendone la cattura nel 1995 sia da quelle sulla mancata perquisizione del covo di Riina in via Bernini, si è poi scagliato contro il colonnello dell’Arma, chiamato a testimoniare dalla Procura. “Giraudo ha proceduto ad una monumentale raccolta di dati e documenti relativi alla mia storia personale e spiando dal buco della serratura è riuscito a prendere in esame anche aspetti relativi alla mia vita privata, estranei quindi alla mia attività professionale, che di certo non mi mettono in imbarazzo”
“Per quanto riguarda Licio Gelli – ha proseguito – osservo solo che, se costui aveva necessità di intrattenere rapporti con il Servizio italiano dell’epoca, e non penso che vi siano oggi più dubbi a riguardo, non aveva certo bisogno di lambiccarsi il cervello su come fare, cercando magari di contattare un giovane ufficiale come l’allora capitano Mori, avendo tra gli iscritti alla sua Loggia i capi del Sid, peraltro collegati ai due distinti indirizzi politici prevalenti in quel momento: Miceli, vicino alle posizioni di Aldo Moro, e Maletti a quelle di Giulio Andreotti”.
“Visto che le affermazioni di Giraudo non hanno fondamento, sono portato anche a ritenere che la Procura di Palermo abbia colto per l’ennesima volta l’opportunità di riproporre una teoria concepita nel suo ambito negli anni novanta del secolo scorso, mirata alla ricostruzione di quel periodo della storia nazionale definito giornalisticamente come quello degli ‘anni di piombo'”. L’indagine è quella denominata “Sistemi Criminali”, terminata con un archiviazione il 21 marzo 2001 e tra gli indagati oltre a Licio Gelli spiccavano i nomi di Stefano Delle Chiaie, esponente della destra radicale poi fondatore di Avanguardia Nazionale, Rosario Pio Cattafi (imputato nel processo sulla trattativa), il massone Giuseppe Mandalari, i capomafia Totò Riina e Benedetto Santapaola e i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano.