Che il settore del turismo sia tra i più colpiti dalla crisi economica dovuta al lockdown per il contenimento dell contagio da coronavirus è ormai un fatto conclamato. Allo studio del governo nazionale ci sono diverse misure per intervenire in sostegno degli imprenditori, ma fino a ora in molti hanno puntato il dito contro Roma, denunciando lo scarso interesse dell’esecutivo nazionale.
Non fa eccezione il settore extralberghiero, quello che comprende b&b, case vacanze, campeggi, ostelli o agriturismo, che ha dovuto fare i conti con l’azzeramento delle prenotazioni e con la mannaia abbattutasi sui fatturati. A fare il quadro ella situazione è Francesco Ponte, portavoce del Coordinamento Extra di Federalberghi Palermo e Provincia che associa anche tante strutture di Cefalù.
Avvocato Ponte, a quanto ammonta il danno economico a Palermo e quello in tutta la Sicilia?
Il Comune di Palermo, basandosi sui dati del 2017, ha stimato per il settore ricettivo un mancato incasso di 65 milioni di euro per i mesi di marzo ed aprile. In realtà, tenendo conto di un aumento percentuale, di almeno il 40% nel biennio 2017-2018 il danno per il settore è stimabile per difetto in almeno 75 milioni di euro. Dato che nel 2018 le strutture ricettive, in termini di posti letto in base ai dati ufficiali disponibili per la città pesavano per 1/3 (avendo una capacità 4.795 posti letto sui 12.984 totali presenti in città, i rimanenti appartenenti agli hotel) il danno stimato è di circa 23 milioni di euro. Ovviamente questo dato è grandemente sottostimato tenuto conto che le strutture extra autorizzate in città erano 870 nel 2019 ovvero quasi raddoppiate.
Quali sono stati i problemi maggiori per il settore extralberghiero rispetto al ricettivo in generale?
Il settore extralberghiero che in Sicilia conta più di 6000 strutture è stato chiuso ex lege il 22 marzo. Questo ha visto azzerarsi i fatturati per i mesi di marzo, ma soprattutto aprile e maggio che, storicamente, insieme a settembre sono i mesi forti del turismo per tasso di occupazione delle strutture e tariffa-notte più elevata. Nessun aiuto di Stato, bollette e costi fissi che corrono.
Si lamenta, dunque, una scarsa considerazione da parte dello Stato per il comparto. Ma quali sono state – se ci sono state – le misure prese per il settore specifico?
Come detto sopra, a parte per le strutture più grandi la cassa integrazione (e ad oggi gli impiegati non hanno comunque visto un euro nel 90% dei casi), nessuna misura specifica è stata presa per il settore. Lasciando intere famiglie in grandissima difficoltà economica. Molte imprese extra non rivedranno la luce alla fine di questo periodo.
Insomma, un quadro drammatico e un quadro a tinte foschissime per il futuro. Quali sono le proposte della categoria per avere un po’ di ossigeno ed evitare la chiusura immediata delle attività?
Per tutte le strutture, anno bianco fiscale (no Tari, Imu, IRPEF o IRPEG agevolate, no canone RAI e Siae). Aiuti a fondo perduto, non finti aiuti che aumentano l’indebitamento degli operatori fornendo garanzie di Stato sugli stessi, tale norma porta esclusivamente ad accelerare il processo di fallimento delle microimprese. Per i più grandi: cassa integrazione on-site per i dipendenti. Ovvero lo Stato paga lo stipendio ma l’impiegato lavora. In caso contrario per molte imprese sarà impossibile ripartire, dato il fatto che con i flussi che saranno comunque ridotti di almeno il 70%, le stesse non potranno reggere se dovranno pagare gli stipendi e converrà stare chiusi e quindi morire.
E in Sicilia? Quali sono le vostre richieste al governatore Musumeci?
A livello Regionale chiediamo l’adozione del CIR (Codice Identificativo Regionale) come strumento per contrastare la presenza diffusa di strutture irregolari ed all’amministrazione comunale di rivedere anche gli accordi con Airbnb che versa forfettariamente la tassa di soggiorno non comunicando i dati delle strutture.