L’Assemblea Regionale Siciliana “ostaggio” degli assenteisti, parola del suo presidente Giovanni Ardizzone che non sa più cosa fare per costringere gli strapagati deputati regionali a lavorare, ma possiamo dire che l’intera Sicilia è “ostaggio” di una campagna elettorale per le imminenti regionali del 5 novembre estranea, nelle sue dinamiche, ai bisogni della gente.
In ostaggio perché la campagna elettorale è e sarà, scandalosamente, l’unico interesse dei nostri politici. Al diavolo i problemi dei cittadini, dei giovani, delle famiglie, delle imprese. Di tutto si stanno occupando, a sinistra, al centro e a destra, tranne di far risorgere questa martoriata terra, cambiare la classe dirigente che ha condotto la Sicilia al disastro e restituire dignità alle istituzioni e alla politica.
E’ incredibile come partiti e partitini nel loro operare e nel linguaggio usato sembrino identici, seppure nominalmente collocati su fronti diversi o, addirittura, opposti. Chi se ne discosta lo fa per accreditarsi, direi inopinatamente, come l’angelo vendicatore venuto dal Cielo per ristabilire la purezza in un mondo malato e dissoluto.
Evidentemente il dato spaventoso dell’astensionismo, che i sondaggi già prevedono per le regionali in oltre la metà degli aventi diritto, quasi 2.500.000 di elettori, non preoccupa minimamente dirigenti di partito, capi corrente e deputati uscenti. Ciò che li tormenta è assicurarsi il mantenimento e il controllo delle posizioni di potere acquisite contando, more solito, sul cosiddetto “consenso organizzato” che nulla ha a vedere con il voto d’opinione quanto piuttosto con il voto d’apparato o costruito su favori e cortesie. La febbre è alta, i posti in palio all’Ars da 90 sono scesi a 70, in forza di una modifica dello Statuto avvenuta con la legge costituzionale n.2 del 2013, e qualcuno dovrà pur sloggiare. La parola “discontinuità” è per ora di moda, in realtà, a dispetto del significato che ne danno i dizionari, viaggiamo nella perfetta continuità con il passato, recente e meno recente.
I protagonisti, del resto, sono gli stessi e anche i riti celebrati sono tristemente uguali, basta leggere i giornali. Comunicati stampa e dichiarazioni grondano di politichese mentre si cerca di nascondere l’evidenza: l’immobilismo assoluto. Nel centrosinistra, ancora nel caos delle divisioni e della mancanza di un candidato unitario, servirebbe un’alleanza tra cittadini, associazioni, movimenti, sindaci, liste civiche per costruire un percorso della buona politica e del buon governo che, alla fine, giunga a delle liste di donne e uomini di comprovata competenza e moralità. Ma partiti e partitini faranno esattamente il contrario, in una furia di autoconservazione della casta con i suoi privilegi eterni o, nella migliore delle ipotesi, per ostentare una “diversità” fine a se stessa. Sarebbe un modo concreto per dire basta alla degenerazione della politica siciliana, al sottosviluppo strutturale, a certa antimafia fasulla, alla corruzione diffusa.
Un’alternativa all’astensionismo, a facili suggestioni di piazza, a tentazioni di sicilianismo estremo, di leghismo in salsa sicula. Per ciò che riguarda noi elettori, non dovremmo rieleggere chi ci ha trascinato nel baratro freddo e gelido di regione tra le ultime in Europa; dovremmo mandare a casa i soliti noti, eppure non accadrà.
Non è vero che abbiamo messo alle nostre spalle baronie e latifondi. Baroni e latifondisti, con servitù annessa, esistono ancora, nei partiti, nella politica, nella stessa cosiddetta “società civile”, complici della cattiva politica, inamovibili. Finché da siciliani, vanamente orgogliosi di un’autonomia speciale ormai solo sulla carta, non faremo una veloce cura per acquisire nel nostro DNA il principio di responsabilità, rifuggendo dall’ingannevole scorciatoia del perseguimento di convenienze personali, correntizie, corporative o lobbistiche, non vedremo mai la luce, e un’ennesima notte nera ci attende per i prossimi anni, in un maledetto eterno presente.