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Un governo senza memoria è il segnale peggiore e intanto i boss fanno festa

giovedì 7 Maggio 2020

Non c’è niente di peggio che essere governati da incompetenti e senza memoria. Le notizie di questi giorni sulle oltre 350 scarcerazioni di boss mafiosi e di altri delinquenti in tutta Italia hanno il sapore di un colpo di spugna dello Stato Italiano nei confronti della mafia, nonostante il sangue versato in tutti questi anni da migliaia fra esponenti delle forze dell’ordine, magistrati, testimoni di giustizia e innocenti cittadini. Ed è un segnale grave, nel migliore dei casi di debolezza nei confronti della criminalità organizzata.

L’avere aperto le porte delle carceri e l’avere consentito il ritorno a casa di un sacco di malavitosi è il segnale peggiore che si potesse dare.  E non è un caso che in alcuni quartieri di Palermo nei giorni scorsi una strana euforia serpeggiasse nell’aria, non certo per le riaperture del 4 maggio dopo l’emergenza coronavirus, ma semmai per l’avere spalancato i portoni dei penitenziari e consentito il ritorno a casa di una serie di “mammasantissima”.

Certo, il mantra grillino che si legge sui social, evidentemente dopo un ordine di scuderia da far diffondere abilmente, è che la colpa non è del ministro Alfonso Bonafede, ma dei magistrati di sorveglianza. Peccato, però, che nessun magistrato potrebbe mai operare una scarcerazione se non in presenza di una norma, di un provvedimento dall’alto, in grado di consentire tale possibilità. Voler scaricare la responsabilità sui giudici è del resto un’altra strategia ben conosciuta, che ricorda quella del presidente del Consiglio Giuseppe Conte che a fine febbraio, dopo i primi contagi da coronavirus in Lombardia, aveva frettolosamente accusato i medici dell’ospedale di Codogno, responsabili – a suo dire – di non aver capito che il “paziente uno” fosse affetto da coronavirus. Peccato che anche in quel caso, il governo italiano fosse ben al corrente del rischio covid (avendo approvato a fine gennaio un provvedimento in cui si dichiarava lo stato di emergenza), ma non aveva ancora inviato alcuna circolare per pre-allarmare e dare indicazioni concrete ai pronto soccorso. Fin troppo facile accusare i medici e scaricare da sé ogni responsabilità.

Tornando alle scarcerazioni dei mafiosi, il fatto poi che Bonafede ieri abbia affermato che è allo studio un provvedimento per rimandarli in carcere è la classica pezza da mettere quando ormai il danno è fatto. Altro evidente segnale di approssimazione da parte di chi ci governa. Il fatto peggiore, però, è la mancanza di memoria per le vittime della mafia e per il tributo di sangue che l’Italia ha pagato. E d’altronde, di quale memoria stiamo parlando se lo stesso Giuseppe Conte, nel suo primo discorso in parlamento il 7 giugno 2018, aveva parlato genericamente di “un congiunto di Mattarella” per indicare Piersanti, il fratello del Presidente della Repubblica, barbaramente assassinato dalla mafia il 6 gennaio del 1980?

E che dire della vicenda ancora per niente chiarita relativa all’offerta avanzata dal ministro Bonafede al magistrato Nino Di Matteo di diventare capo del Dap? E della sua frettolosa marcia indietro dopo meno di 48 ore, mentre i capimafia mugugnavano preoccupati per la notizia di un eventuale conferimento di incarico al pm palermitano? Al di là di ogni considerazione, la domanda a cui il ministro dovrebbe rispondere è: come facevano i boss mafiosi chiusi in carcere a sapere di un’intenzione del ministro oggetto di una conversazione telefonica riservata fra lui e Nino Di Matteo?

Quel che preoccupa è anche il silenzio del Capo dello Stato Sergio Mattarella (che è anche capo del Csm) su tutte queste vicende. Un silenzio incomprensibile, mentre i familiari di tante vittime della mafia si sentono abbandonati dallo Stato e dal governo italiano.

Fra tutte, facciamo nostro il grido di dolore di Graziella Accetta, la mamma di Claudio Domino, il bambino di soli 11 anni ucciso dalla mafia il 7 ottobre 1986: «Bonafede sarai ricordato nel mondo come il ministro che ha saputo realizzare il sogno degli assassini del 41bis: la scarcerazione agli arresti domiciliari. Hai ucciso di nuovo i nostri figli. Non hai guardato il dolore di tutti i familiari delle vittime di mafia. Vergognati». «Il silenzio del Capo dello Stato Mattarella, anche lui vittima di mafia, lascia sbigottiti e addolorati– dice la donna nel video postato su Facebook – Chiediamo la certezza della pena. Non vogliamo vendetta, ma solo giustizia. Uscire dal carcere no, sarebbe la sconfitta dello Stato».

Signori che occupate le poltrone del governo, vergognatevi!

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