Il dato è sicuramente allarmante, circa il 7,3% degli studenti neo immatricolati sceglie di abbandonare l’università per ragioni che rimandano alla crescente competizione e l’aumento dei costi di vita.
Si tratta di studenti che hanno appena superato il primo anno di università o che devono ancora ultimarlo, ragazzi che tra le varie ragioni non riescono ad affrontare le spese richieste, tasse di iscrizione ma anche di affitti, sostentamento e spese che riguardano il materiale di studio. L’università è di nuovo al centro dell’attenzione. Fino a poco tempo fa si era discusso ampiamente dell’aumento dei costi degli affitti (clicca qui), con i tantissimi studenti che hanno scelto di manifestare di fronte alle proprie università come segno di protesta contro prezzi eccessivi richiesti dai proprietari immobiliari. Abbiamo visto tende erette all’Università degli Studi di Palermo, in Viale delle Scienze, simbolo di questa ribellione.
Questa volta, però, sembrerebbe che il problema non sia più il costo della vita. Secondo quanto riportano i dati forniti dal Ministero dell’Istruzione e del Merito sarebbe diminuito notevolmente il numero di laureati e aumentata la rinuncia agli studi durante il primo anno.
Un dato, quello della dispersione formativa, sicuramente migliorato rispetto a dieci anni fa, ma che decreta la Sicilia ultima nella classifica nazionale per il numero di giovani che abbandonano gli studi. Il dato risalente a soli due anni fa è di 19,4% e comprende ragazzi dai 18 ai 24 anni che possiedono al più la licenza media, ragazzi che non sono nemmeno riusciti a superare lo scoglio della scuola obbligatoria. In generale l’abbandono scolastico interessa tutte le fasce, dalle medie, passando alle superiori e arrivando alla formazione universitaria. Due studenti su dieci lasciano i corsi dell’obbligo e gli istituti superiori in Sicilia. Numeri che di certo raccontano un disagio che è presente da anni ma che nessuno ha mai affrontato concretamente.
Secondo i dati relativi all’anno accademico 2021/2022 si è osservata una differenza di quasi un punto percentuale, passando dal 6,3% al 7,3%, con una distribuzione equa tra uomini e donne. In Sicilia sono oltre il 20%. Inoltre, gli alunni maschi hanno una probabilità di abbandono del 19%, contro il 13,7% delle femmine. Gli studenti di origine straniera sono particolarmente colpiti, con un tasso di abbandono del 40,3%.
Quali sono le cause? La principale e anche la più comune sembra essere l’eccessiva competizione, sia a livello accademico che tra i compagni di corso. Questa dinamica non è del tutto nuova, infatti è risaputo che alcune università incoraggiano gli studenti a “sfidarsi” in una sorta di competizione sana, che mira a promuovere in qualche modo la crescita del singolo studente e facilitare l’ingresso nel mondo del lavoro. Sull’aumento dell’ansia risulta aver influito anche il periodo di didattica a distanza vissuto durante la pandemia, che avrebbe contribuito a generare maggiore paura per il futuro.
Tuttavia, per alcuni individui, questa pressione può risultare stressante. In secondo luogo, viene considerato problematico il carico di studio e le eccessive aspettative da parte di professori e genitori, che nel lungo periodo possono avere effetti negativi sugli studenti più sensibili dal punto di vista emotivo.
Ad aggravare la percezione di difficoltà c’è il tema dei costi associati alla vita fuori sede. Molti giovani, per perseguire gli studi universitari, sono costretti a lasciare la propria casa e affrontare spese elevate per l’affitto e il mantenimento autonomo. Sembrerebbe che per molti di questi studenti, dopo il primo anno, i costi elevati li inducano proprio a prendere decisioni di vita differenti.
Alla luce di queste criticità una degli aiuti proposti sembrerebbe essere lo stanziamento di 15 milioni di euro, da parte del Ministero, finalizzati all’orientamento e al tutorato per sostenere i ragazzi nella fase di scelta del percorso universitario, in modo da poter diminuire il tasso di abbandono dovuto ad un’errata opzione.