I poliziotti dovevano diventare punti di riferimento all’interno dei nosocomi, sia per i cittadini che accedono ai servizi sanitari, che per il personale, ma purtroppo non è ancora così.
Recentissimi gli atti di violenza, furto e vandalismo all’interno delle strutture sanitarie siciliane, persino arrivando al furto di giocattoli per i piccoli ricoverati all’Arnas Civico di Palermo.
E ancora gli operatori sanitari dell’emergenza urgenza registrano i più alti casi di violenza, presi a pugni, calci o sassate mentre fanno il proprio lavoro. In Sicilia i medici ed infermieri aggrediti sono più di 100 casi l’anno, evidenzia l’Inail, 1600 in tutt’Italia. Questi, per lo più, sono comunque in strutture “protette”, gli autisti soccorritori del 118 no, ricevono persino degli agguati in certi quartieri, dopo finte chiamate.
Ma non si fa niente?
In realtà quasi tutti i presidi hanno un servizio di vigilanza gestito da ditte esterne vincitrici di gare, ma nonostante ciò la malavita continua a fare la sua strada. Intanto, però, le aziende spendono dai 204 mila euro ai 900 mila euro l’anno.
I punti di polizia negli ospedali sono ancora pochi, molti non hanno uno spazio dedicato. Esempio di best practices sulla sicurezza è il Garibaldi di Catania.
“Avere un punto della polizia, oltre il servizio di vigilanza armato è fondamentale – dichiara Fabrizio De Nicola, direttore generale dell’Arnas Garibaldi –. Purtroppo negli ultimi anni abbiamo avuto situazioni vergognose e, da parte del management è doveroso costituirsi parte civile contro chi esercita violenza contro a dei pubblici ufficiali, che sono i medici e gli infermieri. Il punto di polizia è anche un deterrente per scongiurare atti violenti”.
I medici
“Nel 2023 vi sono state 13 aggressioni fisiche verso gli operatori del 118, innumerevoli i casi di aggressioni verbali, sputi, danneggiamenti alle vetture, – evidenzia Riccardo Castro, presidente della Seus -. I nostri operatori della strada fanno questo lavoro per un alto senso civico e per passione, dando il massimo per salvare vite. Noi della Seus abbiamo installato sui mezzi delle telecamere come deterrente e per inquadrare le aggressioni, ma serve un cambiamento”.
“Da tempo denunciamo questa escalation senza fine di violenza. Occorre una grande operazione culturale, che restituisca al medico, anche agli occhi dei cittadini, il suo ruolo e la sua dignità professionale”, conclude Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnonmceo).