“L’Eni prospetta un piano industriale tutto a uso e consumo dei suoi azionisti, generico per quanto riguarda eventuali trasformazioni, senza garanzie di fatto per i lavoratori diretti, né tantomeno dell’indotto. Nella migliore delle ipotesi si determineranno isole, scollegate dal resto dell’industria che non saranno in grado di marciare autonomamente né tantomeno di contribuire alla transizione energetica e industriale“. Lo dice il segretario generale della Cgil Sicilia, Alfio Mannino, che dopo l’abbandono del tavolo con Eni da parte della Cgil lo scorso 26 febbraio e la proclamazione a livello nazionale dello stato di agitazione, annuncia un presidio per l’11 marzo insieme alle categorie interessate, sotto palazzo d’Orleans, sede della presidenza della Regione.
“Chiamiamo le cose col loro nome – sottolinea Mannino – questa è una dismissione da parte di un’azienda partecipata dallo Stato che ha deciso di abbandonare la Sicilia. E’ pura ipocrisia- attacca – non volere vedere il niente che si cela dietro le promesse dell’Eni, a partire dal fatto, nel momento che un impianto non esiste più, che è difficile ipotizzare nella situazione data una collocazione nel territorio dei lavoratori diretti e figuriamoci di quelli dell’indotto“.
La Cgil rileva che “per Priolo si parla di una bioraffineria, sarebbe la seconda in Sicilia, senza alcuna idea di piano integrato con le aziende dell’area. I progetti vaghi che l’Eni prospetta potrebbero marciare solo attraverso le importazioni“. Per Ragusa, inoltre, dove già la dismissione e in corso “solo idee in ordine sparso, senza alcuno studio di fattibilità“.
Per la Cgil dunque non ci sono dubbi: “Il piano Eni è dannoso per tutto il Paese e in Sicilia – sottolinea Mannino – produrrà una desertificazione produttiva e una profonda crisi occupazionale. In questo contesto – sottolinea il segretario della Cgil Sicilia – sconcerta il silenzio del governo regionale e l’accondiscendenza del governo nazionale. Noi chiediamo alle istituzioni di fare la loro parte, di non condannare la Sicilia a non avere uno sviluppo industriale e una transizione energetica che determini nuovi modelli produttivi. Ma servirebbero piani integrati – aggiunge – nel cui ambito la politica eserciti un ruolo di indirizzo e programmazione. Invece stiamo drammaticamente assistendo a una politica subalterna a interessi di una grande società, che non sono quelli generali. Noi – conclude Mannino – non abbandoneremo i lavoratori e non consentiremo che a scriverne il destino siano soggetti che non rivestono alcun ruolo sociale“.