“Credo che con forza dobbiamo pretendere la restituzione di una verità. Non una verità qualsiasi o una mezza verità ma una verità che dia un nome e un cognome a quelle menti raffinatissime, come mio padre le ha definite, che con le loro azioni e omissioni direi, hanno voluto eliminare questi due reali servitori dello Stato“.
A parlare è una delle tre figlie di Paolo Borsellino, Fiammetta, forse per la prima volta in maniera pubblica dopo 25 anni. Lo ha fatto ieri sera da via D’Amelio, dove ieri è andata in onda la diretta della Rai condotta da Fabio Fazio, Pif e Roberto Saviano, l’orazione civile “FalconeeBorsellino”.
“Quelle menti raffinatissime – ha aggiunto – che hanno permesso il passare infruttuoso delle ore successive all’esplosione, ore fondamentali per l’acquisizione di quelle prove necessarie a uno sviluppo positivo delle indagini, quelle prove a cui mio padre e Giovanni tenevano così tanto”.
Fiammetta Borsellino ha anche fatto riferimento ai depistaggi dell’inchiesta giudiziaria sull’uccisione di suo padre che hanno portato alla condanna di persone poi rivelatesi innocenti (i falsi pentiti Scarantino, Pulci e Andriotta) e a un nuovo processo, il Borsellino quater.
“Tutto questo per me e per la mia famiglia – ha sottolineato Fiammetta Borsellino – non può passare in secondo piano. Come non può passare in secondo piano, come, per via di false piste investigative, ci sono uomini, imputati per la strage di via d’Amelio, che hanno scontato anni di reclusione senza vedere in faccia i loro figli, esattamente come quei giovani poliziotti che sono morti in via D’Amelio e nella strage di Capaci. Questa restituzione di verità deve essere anche per loro”.
“La verità è l’esatto opposto della menzogna. Ed è una cosa che dobbiamo cercare e pretendere ogni giorno e non di cui ricordarci soltanto nei momenti commemorativi. Solo così guardando in faccia i nostri figli potremmo dire loro di vivere in un Paese libero dal puzzo del potere e dal ricatto mafioso”.
Ancora più dura è Rita Borsellino, sorella del giudice assassinato da Cosa nostra: “I brandelli di verità, i coriandoli di verità non ci interessano, anzi ci danno fastidio. Noi la verità la vogliamo per intero. Ci sono dei punti fermi da cui ripartire come delle sentenze, una che dice che la trattativa tra Stato e mafia c’è stata – ha aggiunto – che ci sono stati innocenti, poi colpevoli per altre cose, che sono finiti in galera perché qualcuno ha voluto mandarceli per dare in pasto all’opinione pubblica delle cose. Noi vogliamo sapere ora perché, a chi serviva e a chi è servito”.
A risponderle direttamente il presidente del Senato Pietro Grasso, che durante la diretta Rai, ha ribadito un messaggio lanciato anche pochi giorni fa: “Ci vorrebbe qualche altro collaboratore interno alla mafia o esterno alla mafia. Sappiamo da quello che abbiamo accertato che ci sono state delle presenze esterne: chi c’era? Perché c’era? Qualcuno sa“.