Il Teatro Garibaldi, riaperto di recente, da oggi sarà la sede temporanea di Manifesta 12, la biennale nomade europea di arte contemporanea.
La presentazione di “Palermo Atlas”, lo studio interdisciplinare sulla città commissionato da Manifesta, è stata l’occasione per inaugurare lo spazio che, oltre ad essere centro operativo del team internazionale, sarà centro culturale per tutti i cittadini.
L’interno, infatti, ospita già una mostra per scoprire la storia di Manifesta, un caffè pop-up, una biblioteca d’arte, e sarà predisposto anche per proiezioni cinematografiche, visite didattiche, workshop ed altro ancora.
Oltre al sindaco Orlando e all’assessore alla Cultura Cusumano, erano presenti Leonardo Di Franco, vice presidente di Fondazione Manifesta 12, Hedwig Fijen, direttrice di Manifesta, e Ippolito Pestellini Laparelli di OMA, Creative Mediator della biennale per l’edizione 2018, che ha spiegato il metodo di lavoro applicato e i risultati ottenuti. “Data l’eccezionalità e la particolarità di Palermo la prossima edizione di Manifesta è occasione per noi – ha detto la Fijen – di ripensarci come entità di lavoro in una realtà alla quale vogliamo lasciare un’eredità; la nostra politica resta sempre quella della legacy con il territorio. Da subito è stato evidente che l’intervento a Palermo non potesse essere semplicemente la realizzazione di mostre in diversi luoghi della città per questo abbiamo coinvolto lo studio OMA, che ha operato con un modello sperimentale di approccio multidisciplinare e con l’ausilio di mediatori culturali e non curatori”.
“Palermo Atlas”, a partire da una piattaforma di osservazione della città, è il nodo cruciale di un atteggiamento negoziato con la stessa che ha portato all’individuazione di luoghi sensibili, percorsi preferenziali, possibilità di scelta su cui fondare le azioni di intervento concreto per la biennale.
“Siamo partiti dall’osservazione di antiche mappe – ha detto Ippolito Pestellini Laparelli – che già segnavano la città di Palermo come centro del Mediterraneo nei passaggi migratori e negli scambi commerciali, scoprendo nel corso dei secoli che anche il panorama religioso, come conseguenza, è variato molto soprattutto negli ultimi anni. Dall’acquisizione di questi dati abbiamo deciso di riscrivere la pianta della città con alcune macro-categorie con tre particolari chiavi narrative” .
Le chiavi di cui parla l’architetto di OMA sono quella cinematografica, che ha analizzato l’oltre centinaio di pellicole girate in città, dagli anni ’30 ad oggi, discriminando luoghi scelti per le riprese, tematiche trattate e percorsi realizzati dagli attori.
La chiave legata all’architettura della città, con annessa la provincia, individuando gli “edifici abbandonati”, quelli “non costruiti” e quelli “non finiti” che, in qualche modo, ‘feriscono’ il paesaggio urbano e che lo studio OMA vuole rivalutare all’interno della biennale.
Infine, ultima chiave d’accesso, quella rappresentata dagli “archivi privati di modernità”; circa venti quelli scovati tra case private e realtà insospettabili.
“Queste considerazioni – ha concluso l’architetto di OMA – permetteranno a Manifesta 12 di muoversi con un atteggiamento di agopuntura su tutto il territorio, coinvolgendo luoghi lungo un asse che si svilupperà come un network diffuso, permettendo ai visitatori della biennale di scoprire, nel percorso, l’essenza della città”.
I risultati del “Palermo Atlas” sono il frutto di un gruppo di lavoro che oltre a Pestellini Luparelli ha coinvolto la regista olandese Bregtje van der Haak, l’architetto e studioso spagnolo Andrés Jaque, e la curatrice svizzera d’arte contemporanea Mirjam Varadinis.
L’obiettivo di Manifesta 12, dunque, coniugando discipline diverse e utilizzando una ricerca urbanistica olistica, vuole essere quello di proiettare il proprio impatto oltre il semplice coinvolgimento del pubblico nell’arte contemporanea, fornendo ai cittadini di Palermo strumenti per re-immaginare il futuro della loro città all’indomani della conclusione dell’evento.