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Parma deferito. Se accertato illecito sportivo Parma in B e Palermo ….

mercoledì 20 Giugno 2018

PARMA . Il Parma , come avevamo anticipato ieri, alla fine sarà deferito per responsabilità oggettiva insieme al propro tesserat0 Emanuele Calaiò accusati di tentato illecito sportivo in merito alla partita Spezia-Parma dell’ultimo campionato di Serie B.

Questa mattina la Procura Federale ha consegnato l’avviso di conclusione delle indagini agli interessati: entro una decina di giorni, il club emiliano e il suo tesserato andranno sotto processo presso il Tribunale Federale (il 1° grado della Giustizia Sportiva).

Il Parma dunque sarà deferito per responsabilità oggettiva insieme al proprio tesserato Emanuele Calaiò accusato di tentato illecito sportivo in merito alla partita Spezia-Parma dell’ultimo campionato di Serie B. Ne esce Fabio Ceravolo, non deferito.

Questa mattina la Procura Federale ha consegnato l’avviso di conclusione delle indagini agli interessati, come detto entro una decina di giorni, il club emiliano e Calaiò andranno a processo presso il Tribunale Federale (il primo grado della giustizia sportiva).

La Procura quindi scioglie le riserve, incriminando la punta per tentato illecito sportivo che mette a rischio la promozione in Serie A degli emiliani: ora se il tentativo di illecito sarà accertato, il Parma rischia una penalizzazione in termini di punti che dovrà essere scontata nella stagione in corso e che potrebbe modificare l’ultima classifica del campionato di Serie B.

Quindi non si è deciso di procedere per la più lieve slealtà sportiva ma per il gravissimo illecito sportivo, ma solo tentato, perchè in realtà, e bisogna darne atto della lealtà, i calciatori dello Spezia De Col e Masi hanno subito ‘denunciato’ gli strani e cripati sms di  Calaiò e Ceravolo, che adesso vede uscire di scena Ceravolo mentre resta Caliò che rischia una squalifica pesantissima.

E’ passata , dunque, la linea più colpevolista, i due giocatori e il Parma, coinvolti per responsabilità oggettiva, dovranno difendersi da un’accusa che potrebbe costare una lunga squalifica agli atleti e la A al club.

In questo caso il Parma rischierebbe seriamente una sanzione che nel caso “verrà scontata nel campionato appena concluso”. La squadra ha di fatto chiuso il campionato con lo stesso punteggio del Frosinone, che ha però già conquistato la promozione sul campo attraverso i playoff, a beneficiarne in questo caso sarebbe il Palermo, che ha concluso la stagione al quarto posto ed è stato eliminato ai playoff proprio in finale dal Frosinone.

I ducali, infatti, nell’ultima giornata di campionato hanno vinto contro lo Spezia ma qualche settimana dopo la partita sono saltati fuori alcuni sms “criptati” sospetti indirizzati da Calaiò e Ceravolo a due colleghi difensori della squadra ligure, Filippo De Col e Alberto Masi.“Non ci spaccare le gambe…”. I due non hanno mai risposto a questi messaggi ma anzi visto il chiaro messaggio subliminale hanno subito informato la Procura Federale. Non dimentichiamo poi il rigore sbagliato da Gilardino guarda caso …. 

L’avvocato Grassani, esperto in materia di diritto sportivo, ha affermato: “In caso di illecito tentato, il target può essere da 4 a 6 punti, con possibilità di aggravamento in caso di pluralità di partite. Se, invece, l’illecito è consumato i punti vanno da 6 a 9, anche in questo caso con inasprimento in ipotesi di più gare. Quindi, la sanzione minima, prevista dal Codice di Giustizia Sportiva, è la penalizzazione di punti in classifica, ma gli organi disciplinari possono infliggere punizioni anche più pesanti, quali la retrocessione all’ultimo posto del campionato o l’esclusione dalla competizione“.

Si profila dunque uno scenario clamoroso, in entrambi i casi Parma in B e Palermo in A, ed una pesante squalifica per Calaiò e Ceravolo.

Intanto il Parma in un comunicato contesta e smentisce ma contemporaneamente chiede anche di fare presto a prendere una decisione.

Ecco il regolamento per consentirvi di dare una risposta corretta a tutte le domande che vi fate ed una risposta a tutte le cose insesatte che vengono messe in giro senza conoscere nulla dei regolamenti .

“Il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica costituisce illecito sportivo.” Il comma 1 dell’art.7[1] del nuovo Codice di Giustizia Sportiva della Figc fornisce una definizione ben precisa di ciò che viene inteso per illecito sportivo.

Nel testo si possono ravvisare 3 diverse ipotesi di illecito: 1) atti diretti ad alterare lo svolgimento di una gara o di una competizione; 2) atti diretti ad alterare il risultato di una gara o di una competizione; 3) atti diretti ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica. La Corte di Appello Federale, nella sentenza del 7 luglio 2006, pubblicata nel C.U. n. 1/C del 14 luglio 2006 (Con riferimento all’art. 6 dell’allora vigente CGS) definisce tali ipotesi come “distinte, sia perché così sono prospettate nella norma, sia perché è concettualmente ammissibile l’assicurazione di un vantaggio in classifica che prescinda dall’alterazione dello svolgimento o del risultato di una singola gara. Infatti, se di certo, la posizione in classifica di ciascuna squadra è la risultante aritmetica della somma dei punti conseguiti sul campo, è anche vero che la classifica nel suo complesso può essere influenzata da condizionamenti, che, a prescindere dal risultato delle singole gare, tuttavia finiscono per determinare il prevalere di una squadra rispetto alle altre”.

L’illecito sportivo si configura come tale anche nel caso in cui lo svolgimento o il risultato di una competizione non siano stati effettivamente alterati, non si sia giunti quindi al risultato “combinato”. Al fine della configurazione di illecito sportivo, “non rileva accertare se al compimento di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara segua poi una effettiva alterazione dello svolgimento o del risultato della gara. L’illecito sportivo si configura per il solo compimento di quegli atti indipendentemente dai loro concreti successivi effetti. Ne offre la conferma la disposizione dettata dal 6° comma dello stesso art. 7 del C.G.S. cit., secondo la quale il fatto che – a seguito di quegli atti – lo svolgimento o il risultato della gara sia stato effettivamente alterato costituisce soltanto una causa di aggravamento della sanzione.” (Decisione n.4/2015 del Collegio di Garanzia del Coni, Sezioni Unite). Il Tribunale Federale Nazionale della Figc – Sezione Disciplinare nel Comunicato Ufficiale n.48/TFN (2015/2016) del 1 febbraio 2016, osserva che “l’art. 7.1. CGS, infatti, non solo ha introdotto una figura di illecito a “consumazione anticipata”, che si realizza, cioè, anche al compimento del solo tentativo, sì che l’evento di danno (l’alterazione della gara) costituisce solo circostanza aggravante del già perfezionato illecito, ma ha individuato tale tentativo nel mero “compimento con qualsiasi mezzo di atti diretti ad alterare”, così apparentemente discostandosi dalla nozione penalistica di tentativo, prevedente il compimento di atti “idonei, diretti in modo non equivoco”. Gli atti diretti alla commissione di un illecito sportivo devono avere “un minimo di concretezza” (Commissione di Appello Federale deferimento Moggi ed altri, CU n. 1/C del 14 luglio 2006) e devono essere compiuti da soggetti con “competenze e responsabilità di ruolo adeguati” (Corte di Appello Federale, CU n. 2/CF del 4 agosto 2006). Per ottenere la prova del fatto doloso che sta alla base dell’illecito sportivo, è sufficiente dimostrare, con indizi gravi, precisi e concordanti, la ragionevole certezza della commissione dell’illecito. Tale orientamento si differenzia dal processo penale in cui la commissione dell’illecito deve essere provata con certezza, oltre ogni ragionevole dubbio. Ex multis, nel Comunicato Ufficiale n.021/CFA (2015-2016) del 9 settembre 2015 la Corte Federale di Appello afferma che “la prova di un fatto relativo ad un illecito sportivo può anche essere – e talvolta non può che essere – logica piuttosto che circostanziale (Com. Uff. n. 47/CGF del 22 settembre 2011) e in applicazione del principio generale, condiviso dalla giurisprudenza del TNAS del CONI, per il quale in materia di illecito disciplinare sportivo il grado di prova richiesto per poter ritenere sussistente una violazione deve essere superiore alla semplice valutazione della probabilità ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio e può ritenersi raggiunto sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti”.

Il comma 2 dell’art.7 prevede che le categorie di soggetti individuate nei commi 1 e 5 dell’art.1 CGS Figc (ossia in primo luogo, per il comma 1, le società, i dirigenti, gli atleti, i tecnici, gli ufficiali di gara e ogni altro soggetto che svolge attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevante per l’ordinamento federale; in secondo luogo, per il comma 5, i soci o non soci di cui è riconducibile, direttamente o indirettamente, il controllo delle società stesse, nonché coloro che svolgono qualsiasi attività all’interno o nell’interesse di una società, o comunque rilevante per l’ordinamento federale) sono responsabili “per gli atti che commettono direttamente o che consentano che altri compiano, a loro nome e nel loro interesse”. Per tali categorie di soggetti il C.G.S. Figc prevede sanzioni quali l’inibizione o la squalifica per un periodo minimo di 3 anni e un’ammenda non inferiore a 50000,00 Euro. (art.7, comma 5, C.G.S. Figc).

I commi 3 e 4 dell’art.7 invece riportano le sanzioni applicabili nei casi in cui vengano accertate la responsabilità diretta ovvero la responsabilità oggettiva o presunta della società.[2] Nel caso di responsabilità diretta della società, il fatto è punito con le sanzioni previste dalle lettere h), i) ed l) dell’art.18, comma 1 C.G.S. Figc.[3] Nel caso invece di accertata responsabilità oggettiva o presunta (ai sensi dell’art.4, comma 5, CGS Figc), la società sarà sottoposta alle sanzioni previste dalle lettere g), h), i), l), m) dell’art.18, comma 1, CGS Figc.

L’art.7 codifica inoltre, ai commi 7 e 8, l’istituto dell’obbligo di denuncia. Il comma 7 prevede che “i soggetti di cui all’art. 1 bis, commi 1 e 5, che comunque abbiano avuto rapporti con società o persone che abbiano posto o stiano per porre in essere taluno degli atti indicati ai commi precedenti ovvero che siano venuti a conoscenza in qualunque modo che società o persone abbiano posto o stiano per porre in essere taluno di detti atti, hanno l’obbligo di informarne, senza indugio, la Procura federale della FIGC.” Il comma 8 invece stabilisce che “il mancato adempimento dell’obbligo di cui al comma 7, comporta per i soggetti di cui all’art. 1 bis, commi 1 e 5 la sanzione della inibizione o della squalifica non inferiore a 6 mesi e dell’ammenda non inferiore ad euro 30.000,00.”

I soggetti di cui all’art.1 bis, commi 1 e 5, sono quindi tenuti ad informare la Procura Federale non appena vengano a conoscenza, in qualunque modo, di atti o comportamenti volti alla commissione di un illecito sportivo posti in essere, o che siano per essere posti in atto,  da società o tesserati. L’obbligo di denuncia ha come presupposto “quello della probabile fondatezza di un comportamento riconducibile alla fattispecie dell’illecito sportivo, già consumato o in itinere, con la sola esenzione dei sospetti vaghi ed indeterminati, senza che sia consentito a colui che ne è venuto a conoscenza di poter liberamente deliberare preventivamente la verosimiglianza o apprezzare la correlativa necessità di farne denuncia con la massima sollecitudine alle competenti autorità federali” (Decisione della Commissione Disciplinare Nazionale, Comunicato Ufficiale N.8/CDN del 22 luglio 2013). Un sospetto vago ed indeterminato non è quindi sufficiente per essere considerato come presupposto dell’obbligo di denuncia, bensì occorre un elemento specifico e determinabile. La norma si riferisce sia ad atti o comportamenti che siano già stati consumati ovvero che tali atti debbano ancora essere posti in essere.

Merita infine considerazione la locuzione “senza indugio” esplicitamente prevista dal legislatore all’interno del comma 7 dell’art.7, con la specifica intenzione di “provocare” l’immediatezza della denuncia e attivare in breve tempo i poteri di indagine della Procura Federale al fine di appurare la fondatezza della denuncia stessa.

Qui riportato il testo dell’art.7 CGS Figc:

1. Il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica costituisce illecito sportivo.

2. Le società e i soggetti di cui all’art. 1 bis, commi 1 e 5, che commettono direttamente o che consentono che altri compiano, a loro nome o nel loro interesse, i fatti di cui al comma 1 ne sono responsabili.

3. Se viene accertata la responsabilità diretta della società ai sensi dell’art. 4, il fatto è punito, a seconda della sua gravità, con le sanzioni di cui alle lettere h), i), l) dell’art. 18, comma 1, salva l’applicazione di una maggiore sanzione in caso di insufficiente afflittività.

4. Se viene accertata la responsabilità oggettiva o presunta della società ai sensi dell’art. 4, comma 5 , il fatto è punito, a seconda della sua gravità, con le sanzioni di cui alle lettere g), h), i), l), m) dell’art. 18, comma 1.

5. I soggetti di cui all’art. 1 bis, commi 1 e 5, riconosciuti responsabili di illecito sportivo, sono puniti con una sanzione non inferiore all’inibizione o alla squalifica per un periodo minimo di tre anni e con l’ammenda non inferiore ad euro 50.000,00.

6. In caso di pluralità di illeciti ovvero se lo svolgimento o il risultato della gara è stato alterato oppure se il vantaggio in classifica è stato conseguito, le sanzioni sono aggravate.

7. I soggetti di cui all’art. 1 bis, commi 1 e 5, che comunque abbiano avuto rapporti con società o persone che abbiano posto o stiano per porre in essere taluno degli atti indicati ai commi precedenti ovvero che siano venuti a conoscenza in qualunque modo che società o persone abbiano posto o stiano per porre in essere taluno di detti atti, hanno l’obbligo di informarne, senza indugio, la Procura federale della FIGC.

8. Il mancato adempimento dell’obbligo di cui al comma 7, comporta per i soggetti di cui all’art. 1 bis, commi 1 e 5 la sanzione della inibizione o della squalifica non inferiore a 6 mesi e dell’ammenda non inferiore ad euro 30.000,00.

[2]   La responsabilità delle società è disciplinata dall’art.4 CGS Figc. Il testo dell’art.4 “Responsabilità delle società” recita così:

1. Le società rispondono direttamente dell’operato di chi le rappresenta, anche per singole questioni, ai sensi delle norme federali.

2. Le società rispondono oggettivamente, ai fini di sciplinari, dell’operato dei dirigenti, dei tessera ti e dei soggetti di cui all’art. 1 bis, comma 5.

3. Le società rispondono oggettivamente anche dell’ operato e del comportamento delle persone comunque addette a servizi della società e dei propri sostenitori, sia sul proprio campo, intendendosi per tale anche l’eventuale campo neutro, sia su quello delle società ospitanti, fatti salvi i doveri di queste ultime.

4. Le società sono responsabili dell’ordine e della sicurezza prima, durante e dopo lo svolgimento della gara, sia all’interno del proprio impianto sportivo, sia nelle aree esterne immediatamente adiacenti. La mancata richiesta della forza pubblic a comporta, in ogni caso, un aggravamento delle sanzioni.

5. Le società sono presunte responsabili degli illeciti sportivi commessi a loro vantaggio da persone a esse estranee. La responsabilità è esclusa quando risulti o vi sia un ragionevole dubbio che la società non abbia partecipato all’illecito o lo abbia ignorato.

6. Le società rispondono della presenza di sostanze  proibite dalle norme antidoping in luoghi o  locali nella propria disponibilità, a titolo di possesso come definito e disciplinato dalla normativa  antidoping del Coni, trovando applicazione le sanzioni di cui alle lettere a), b), c), g) dell’art. 18 , comma 1.

[3]   Questo il testo dell’art.18 CGS Figc denominato “Sanzioni a carico delle società”:

1. Le società che si rendono responsabili della violazione dello Statuto, delle norme federali e di ogni altra disposizione loro applicabile sono punibili con una o più delle seguenti sanzioni, commisurate alla natura e alla gravità dei fatti commessi:

a) ammonizione;

b) ammenda;

c) ammenda con diffida;

d) obbligo di disputare una o più gare a porte chiuse;

e) obbligo di disputare una o più gare con uno o più settori privi di spettatori;

f) squalifica del campo per una o più giornate di gara o a tempo determinato, fino a due anni;

g) penalizzazione di uno o più punti in classifica; la penalizzazione sul punteggio, che si appalesi inefficace nella stagione sportiva in corso, può essere fatta scontare, in tutto o in parte, nella stagione sportiva seguente;

h) retrocessione all’ultimo posto in classifica del campionato di competenza o di qualsiasi altra competizione agonistica obbligatoria; in base al principio della afflittività della sanzione, la retrocessione all’ultimo posto comporta sempre il passaggio alla categoria inferiore;

i) esclusione dal campionato di competenza o da qualsiasi altra competizione agonistica obbligatoria, con assegnazione da parte del Consiglio federale ad uno dei campionati di categoria inferiore;

l) non assegnazione o revoca dell’assegnazione del titolo di campione d’Italia o di vincente del campionato, del girone di competenza o di competizione ufficiale;

m) non ammissione o esclusione dalla partecipazione a determinate manifestazioni;

n) divieto di tesseramento di calciatori fino a un massimo di due periodi di trasferimento.

2.  Alle società può inoltre essere inflitta la punizione sportiva della perdita della gara nelle ipotesi previste dall’art. 17 del presente Codice.

 

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