Non solo i pessimi risultati elettorali di questi ultimi anni, ma anche la dissoluzione di un apparato tra i più organizzati nell’ambito del panorama politico italiano. Sono queste le due facce della crisi in cui versa ormai da anni il Partito democratico. Una situazione figlia degli errori del passato e aggravata dalla volontà della classe dirigente renziana di mollare il modello organizzativo del partito dei circoli, radicato nei territori, per puntare sul partito del leader assoluto Matteo Renzi, e dei suoi luogotenenti, che in Sicilia ha quale massimo esponente Davide Faraone.
Scelte e decisioni che hanno indebolito la grande partecipazione e militanza di cui si nutriva il Pd in passato, condizionando pesantemente il suo futuro, a Roma come a Palermo. Qui, nel capoluogo siciliano, militanti ed esponenti tra qualche settimana rischiano di trovarsi senza più una sede regionale in cui riunirsi e uno staff che svolge le normali attività di gestione amministrativa tipiche di un’organizzazione politica.
A fine giugno, infatti, scade l’ultimo mese di cassa integrazione dei suoi 14 dipendenti, al termine del quale si procederà con l’invio delle lettere di licenziamento. La soppressione del finanziamento pubblico e dei rimborsi elettorali ha assestato un duro colpo alle casse del Partito, così come quelle di tutte le altre forze politiche. Dal 2×1000 e dal tesseramento arriva ben poca cosa. Inezie a confronto delle spese necessarie per sostenere le spese e pagare gli stipendi.
Nell’Isola poi bisogna fare i conti anche con il drastico ridimensionamento della deputazione regionale, passata da 27 deputati della legislatura precedente agli 11 di quella attuale. Ognuno è tenuto a dare un contributo personale di 500 euro mensili, ma alcuni di loro, quattro per la precisione, da tempo non versano un solo euro. Se tutti facessero la loro parte il Pd siciliano avrebbe quantomeno un piccolo budget per mantenere una struttura in grado di svolgere le funzioni essenziali. Invece, pare che l’orientamento sia quello di mandare tutto alle ortiche.
Sarebbe questo il triste e definitivo epilogo di una lunga tradizione politica che affonda le sue radici nella gloriosa storia del Partito comunista. Un’eredità di impegno civile che ormai è andata dispersa.