Chiudere la filiera del pesce in Sicilia – sia quello fresco che allevato, sia quello considerato ricco che quello povero – da chi lo produce, a chi lo trasforma a chi lo commercializza. E’ questo l’obiettivo di Sicilia Seafood, il progetto lanciato dall’Assessorato all’agricoltura e dal Dipartimento della pesca mediterranea della Regione Siciliana, che è stato oggetto del convegno tenutosi stamani presso la Sala Gialla di Palazzo dei Normanni a Palermo. Un patrimonio di risorse ittiche, ma anche di cultura, storia e tradizioni tutto da sfruttare, al contrario di quanto avviene ancora oggi.
“Il cambio di rotta – dichiara Dario Cartabellotta, direttore del Dipartimento pesca – grazie all’Unione europea che è passata dalla rottamazione alla valorizzazione antropologica del settore già è stato il primo passaggio. Quindi non diamo più soldi ai pescatori per rottamare le barche ma per modernizzarle. Sono in corso di pubblicazione due bandi, uno per le reti selettive, quindi per la sostenibilità ambientale, e l’altro per costruire la filiera del prodotto tipico all’interno della barca. Pensate che all’interno di una famiglia è possibile prelevare il pesce, trasformarlo e portarlo al mercato”.
“Se a livello nazionale importiamo circa otto volte di quello che esportiamo in termini di valore – spiega Gioacchino Fazio, docente di economia dell’Università di Palermo – in Sicilia questo dato è dimezzato, vuol dire che noi importiamo quattro volte di quello che esportiamo. Però è anche vero che il dato più interessante per la Sicilia è quello sulla trasformazione, nel senso che la maggior parte delle nostre importazioni, più del 90%, riguarda dei prodotti trasformati. Quindi diventa importante oggi guardare alla domanda di questi prodotti in cui la Sicilia risulta eccellente a livello mondiale per competenze, per saperi, per qualità delle produzioni, ha una domanda interna molto sviluppata che non riesce ad essere coperta internamente. Anche perché quasi tutte le nostre produzioni di trasformazioni vanno all’estero. Indicatore, quest’ultimo, del fatto che sono produzioni di qualità”.