“Ho chiesto un incontro al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e mi è stato risposto che non erano previste trasferte a Palermo. Quindi dovevo andare io al ministero. Per motivi familiari non posso muovermi dalla Sicilia. Vista anche la richiesta di un incontro telefonico mi è sembrato poco elegante richiedermi di andare a Roma“. Lo afferma Fiammetta Borsellino, figlia di Paolo, il magistrato ucciso nella strage di via D’Amelio nel 1992, a La Radio ne parla (Rai Radio1 – QUI L’AUDIO), dopo la lettura delle motivazioni della sentenza del processo Borsellino quater depositate sabato.
“Questa sentenza sicuramente non è un punto di arrivo ma un solido punto di partenza. – aggiunge – Racconta e delinea una delle pagine più buie e oscure del nostro Paese. Il depistaggio di una strage definito il più grande della storia. Facevamo una considerazione con i miei fratelli. Ci riteniamo fortunati perché di questo depistaggio riusciamo a capire qualche cosa. E questo non si può dire per altre situazioni come Ustica e Brescia. È un depistaggio commesso quasi in modo grossolano“.
“Oggi credo che chi deve dare spiegazioni o chiedere scusa, sono persone delle istituzioni – ha ribadito – il fatto che rimangano in silenzio è il più grande dolore, una grande offesa all’intelligenza e alla buona fede di tante persone oneste. Non ne faccio una questione personale. Oltre al reato di calunnia, accertato per molti poliziotti, non si può eludere un approfondimento sulle anomalie gravissime, che hanno configurato l’attività investigativa e processuale di magistrati, su cui bisogna fare degli accertamenti. Mi riferisco ad Anna Maria Palma, oggi all’apice della sua carriera insieme a Carmelo Petralia“.
Poi Fiammetta (come aveva già fatto 9 mesi fa – LEGGI QUI) tira in ballo nuovamente il pm del processo trattativa, Nino Di Matteo: “Lui era stato incaricato proprio da Tinebra, di rivedere le posizioni di Scarantino. Addirittura diresse ben 5 colloqui con Scarantino e non evidenziò alcuna contraddizione. Una cosa importantissima che avrebbe potuto far crollare subito il processo, fin dagli inizi, fu il confronto tra Scarantino, Cancemi, Santino Di Matteo e La Barbera. Lì Scarantino fu letteralmente umiliato da Cancemi: questi si mise addirittura in ginocchio di fronte ai magistrati Petralia, Palma, Di Matteo e Giordano, chiedendo di non credere a Scarantino… ma quel confronto non fu mai depositato in dibattimento. E questo è di una gravità inaudita”.
“Mi sono rivolta a Mattarella. Purtroppo in questo paese le risposte arrivano solo dopo una grossissima pressione mediatica e una fatica emotiva immensa da chi ha già subito tantissimo”.