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Il genio ribelle di Gino de Dominicis al Polo Museale di Arte Contemporanea di Palazzo Belmonte Riso a Palermo|FOTO

lunedì 16 Luglio 2018
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Gino de Dominicis (Ancona, 1° aprile 1947 – Roma, 29 novembre 1998) è stato uno degli artisti italiani più interessanti e geniali del periodo che va dalla fine degli anni Sessanta fino alla fine degli anni Novanta. Le sue opere sono state riconosciute da tutti i critici come “fuori” dal suo tempo e come arte che hanno saputo “anticipare” il futuro.

Di fatto è stato un artista visionario sempre alla ricerca del senso della vita, dell’immortalità fisica in antitesi alla pulsione di morte freudiana sublimata artisticamente con l’immoralità e l’invisibile. Temi questi trattati in modo quasi ossessivo in tutte le sue opera d’arte visiva, ma anche con degli scritti quali le “Lettera sull’immortalità del corpo” del 1966.

Gino de Dominicis non ha mai voluto essere classificato all’interno di una scuola artistica o di una corrente culturale del suo tempo, preferendo l’assoluta indipendenza speculativa e intellettuale delle sue creazioni. Le sue opere hanno sempre innescato scalpore e critiche feroci soprattutto da parte di alcuni intellettuali a lui contemporanei, tra questi anche Pier Paolo Pasolini, ma soprattutto da parte di ortodossi e conservatori critici d’arte del suo tempo dei quali pensava “…che hanno dei complessi di inferiorità rispetto agli artisti. Sono sempre invidiosi. È una cosa che è sempre successa. C’è poco da fare”,  intervista a Canale 5 del 1994-95.

L’installazione che sollevò grande scandalo, e che al contempo lo rese ancora più famoso in tutto il mondo, fu quella presentata alla Biennale di Venezia del 1972: un giovane affetto da sindrome di down, seduto davanti a un cubo invisibile, che la stampa di allora non ebbe scrupoli a chiamare “Il Mongoloide”; una palla nell’attimo immediatamente prima il suo rimbalzo; una pietra in attesa di generare un moto molecolare che avrebbe dovuto causare un movimento spontaneo della materia.

Lo scandalo e le voci della critica benpensante di allora furono tali che dovette intervenire la magistratura che sequestrò la mostra e denunciò Gino de Dominicis per sottrazione di incapace, “Il Mongoloide” Paolo Rosa. Per questo motivo de Dominicis subì un successivo processo che lo vide però assolto.

Le arti visive furono la forma espressiva che predilesse da sempre delle quali, rispetto alle altre forme d’arte, pensava che… “Le arti visive, la pittura, la scultura, l’architettura, sono linguaggi immobili, muti e materiali. Quindi il rapporto degli altri linguaggi con questo è difficile perché sono linguaggi molto diversi tra loro. Per cui c’è questa tendenza… non si capisce… si può capire il motivo perché probabilmente vogliono un po’ sentirsi tutti artisti, pittori, non si sa perché… L’arte visiva è vivente… l’oggetto d’arte visiva. Per cui paradossalmente non avrebbe bisogno neanche di essere visto. Mentre gli altri linguaggi devono essere visti, o sentiti, o ascoltati per esistere. Un’altra cosa nell’arte visiva caratteristica è che non si rivolge in particolare a nessuno spettatore, non c’è una gerarchia di spettatori, ma sono tutti alla stessa distanza dall’opera. Non ci sono gli esperti. Un giudizio di un bambino vale quello di un cosiddetto esperto, per l’artista. Non c’è nessun particolare… Anche perché non esistono gli esperti d’arte. Gli unici esperti, veramente, sono gli artisti. Gli altri percepiscono l’arte, ma non posso essere degli esperti altrimenti la farebbero, la saprebbero fare”. (ibidem).

E poi, a proposito di creazione e creatività, a proposito di esperti d’arte e critici d’arte, sosteneva la tesi del grande equivoco che era stato creato ad arte dai “non-artisti” che volevano sentirsi “artisti”… ovvero… “Poi c’è l’equivoco tra creazione e creatività. L’artista è un creatore. E non è un creativo. Ci son persone creative, simpaticissime anche, ma non è la stessa cosa. Comunque, questa cosa qui dei creativi e degli artisti, nasce nella fine egli anni Sessanta dove iniziano i galleristi ad essere creativi, poi arrivano i critici creativi, poi arrivano i direttori dei musei creativi… E quindi è una escalation che poi crea questi equivoci delle Biennali di Venezia che vengono fatte come se fosse un’opera del direttore. Lui si sente artista e fa la sua mostra a tema, invitando gli artisti a illustrare con le loro opere il suo tema, la sua problematica. Questo mi sembra pazzesco”. (ibidem).

Gino de Dominicis, attraverso la sua produzione artistica, scevra da amplificazione mediatica e pubblicitaria (che ha sempre inesorabilmente rifiutato), riesce a ritagliarsi una posizione culturale ed artistica di grande prestigio ma al contempo di inscrutabile e carismatico mistero che lo rendono uno dei personaggi dell’arte della seconda metà del secolo scorso più accattivanti e richiesti dalle più prestigiose ed importanti gallerie del mondo. La capacità evocativa e di suggestione speculativa e filosofica delle sue opere, rimane intatta sino ai nostri tempi. E questa è certamente una qualità proiettiva che solo i grandi artisti hanno saputo raggiungere con la loro arte, tramandandola ai loro posteri.

Ebbene, tutto questo potrà essere vissuto fino al 26 agosto 2018 nella mostra “GDD – GENIO DELLA DIMENSIONE” DI GINO DE DOMINICIS curata da Vittori Sgarbi, e allestita a Palermo presso il Polo Museale regionale d’Arte Moderna e Contemporanea diretto da Valeria Patrizia Li Vigni.

Martedì, mercoledì, domenica dalle 10 alle 19.30 e il giovedì, venerdì, sabato dalle 10 alle 23.30, il lunedì chiuso, eccetto i festivi.

https://www.poloartecontemporanea.it/event/gdd-genio-della-dimensione-di-gino-de-dominicis/

 

 

 

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