Tutti in buon ordine, concentrati verso il futuro, spesso rimasto elettoralmente alle spalle.
Se a Roma il partito Democratico alza la voce e fa l’opposizione per come può, poco e male, a giudicare dall’avvio, nell’Isola c’è calma piatta, ma il fuoco cova sotto la cenere.
Ma che futuro attende il Pd in Sicilia?
Le danze sono aperte e lo schema delle tradizionali correnti sul modello dell’asset nazionale potrebbe essere contaminato da fattori locali molto significativi in grado di stravolgere le fisionomie più consolidate tra le correnti.
I congressi provinciali e nazionali dovrebbero essere sganciati da quello nazionale, la cui data, possibilmente il 24 febbraio, dovrebbe dunque precedere il voto per le prossimi elezioni europee.
Non sarebbe una sorpresa pertanto prepararsi ad assistere a un congresso regionale fuori da una definita cornice nazionale di riferimento, nonostante, sotto traccia, sia ampiamente iniziata la corsa al riposizionamento dei big siciliani, tra interfaccia locale e proiezione “in coming” del nuovo Pd.
Due sono i due gruppi che si stanno organizzando, uno guidato da Luca Sammartino con i renziani dell’Ars a supporto, e l’altro che si identifica con il tradizionale nobilato del Cracolici-Lupo-Gucciardi.
Pur essendo infatti ciascuno dei tre volti “storici”, all’interno di una diversa corrente, il peso specifico dei tre personaggi inciderà e determinerà significativi passaggi nei singoli gruppi di appartenenza. Come anche le scelte che adotterà Anthony Barbagallo, un potenziale ago della bilancia tra gli equilibri da ridefinire che si è recentemente misurato alle amministrative sui territori.
Ma quale sarà la traiettoria del Partito democratico siciliano verso il prossimo congresso?
Oggi i Dem sono rimasti incastrati dentro una logica in cui l’egemonia del gruppo parlamentare all’Ars rivendica un consistente valore assoluto, mentre non si vedono soluzioni alternative e allargamenti del perimetro rispetto alla consolidata premessa del passato.