Cosa sta accadendo nel Pd siciliano? Possibile che adesso anche Antonello Cracolici e i suoi siano diventati ‘renziani’? In apparenza, sembrerebbe di sì. Nell’ultimo tour di Renzi nell’isola, l’assessore regionale all’Agricoltura è stato uno dei protagonisti a fianco del premier che ha girato in lungo e in largo nel tentativo di recuperare voti a sostegno del Sì al referendum costituzionale in una regione dove secondo alcuni sondaggi il no sarebbe in netto vantaggio così come in altre aree del Mezzogiorno. Cracolici ha riempito il teatro Politeama di Palermo, parlando una trentina di minuti dal palco davanti a Renzi e al ministro Delrio. Toni moderati, istituzionali ben diversi da quelli che lo hanno sempre contraddistinto come un sanguigno.
Dopo di lui sono saliti sul palco sette imprenditori per raccontare la Sicilia agricola che funziona, realtà vincenti e di successo. Il modo di raccontare che tanto piace a Renzi, che ne ha fatto quasi un copyright. Al premier Cracolici ha dimostrato di poter contare su un bel pezzo del mondo agricolo, soprattutto l’universo Coldiretti, ma anche parte della Cia e della Legacoop. E dire che il 21 ottobre quando Renzi parlò nel teatro Santa Cecilia a Palermo, col centro storico blindato dalle forze dell’ordine, il clima era un po’ diverso. Nella sala tra i sostenitori dell’area di cui fa parte Cracolici c’era un certo imbarazzo. “Siamo qui per dovere di partito, ma noi votiamo no”, era il refrain. Possibile che in un mese sia cambiato il mondo? In realtà nel Pd gli equilibri sono in movimento da tempo. L’area di Cracolici s’è avvicinata a quella del ministro Martina, che ha una sua corrente all’interno dei ‘renziani’, e si è allontanata da quella di Pierluigi Bersani. E si è visto con evidenza quando l’ex segretario dem è stato invitato dal centro Pio La Torre, nella facoltà di giurisprudenza, dove ha spiegato le sue ragioni del no al referendum. Bersani è arrivato da solo. Qualche minuto dopo è comparso Angelo Capodicasa, l’ex presidente della Regione s’è seduto negli scalini: un’istantanea da anni Settanta, un po’ sbiadita, buona forse per i nostalgici di tempi che non ci sono più.
Se quello dell‘area Cracolici non si può definire un riposizionamento, certamente è da iscrivere a una strategia ben definita da un volpone della politica come lui: il referendum segnerà uno spartiacque nel Pd, aldilà del risultato. Perché il pallino del partito rimarrà comunque nelle mani di Renzi, lui e i suoi uomini faranno le liste delle prossime elezioni. E in Sicilia il prossimo anno si aprirà una lunga fase, prima con le comunali di primavera, poi con le regionali e infine con le politiche. Arrivare in piedi a quegli appuntamenti per chi conosce la politica a menadito è essenziale. Se Cracolici sta giocando la sua partita, altrettanto sta facendo un altro pezzo grosso del Pd siciliano, Giuseppe Lupo (in foto con l’ex presidente Raffaele Lombardo). Il leader di Areadem non è stato da meno al cospetto del premier. Poche ore dopo la convention al Politeama, Lupo ha risposto al rivale Cracolici riempiendo la sala dell’hotel Park Florio di Cinisi di imprenditori, sindacalisti e lavoratori. E’ stato lui ad aprire e rispetto a Cracolici ha mostrato la sua convinzione verso il si al referendum.
Lupo e Cracolici si scrutano da mesi. Per entrambi nel partito si parla di una possibile candidatura alle primarie per le regionali. Prima però si voterà per il comune di Palermo, e anche qui si vocifera di un interesse di Lupo per il ruolo di sindaco. Il nodo da sciogliere però è quello di Leoluca Orlando, se si ricandiderà, come pare, Lupo certamente non si schiererebbe contro il professore. Proprio lui ha lavorato e continua a farlo per avvicinare Leoluca Orlando al Pd, senza grandi risultati al momento. Per le regionali poi c’è il terzo incomodo, Enzo Bianco. Grande protagonista alla festa dell’Unità celebrata a Catania, Bianco non si scolla dal fianco di Renzi e dei suoi ministri ogniqualvolta se ne presenti l’occasione. Nomi che ballano, ma tutti dovranno fare i conti col deus ex machina dei renziani di Sicilia, Davide Faraone. Anche per lui sembrano distanti anni luce i toni da duro usati un po’ con tutto l’establishment del Pd siciliano. Negli ultimi mesi, Faraone è rimasto a pilotare nelle retrovie, non s’è mai preso la scena nelle tappe di Renzi in Sicilia. Ha lasciato campo a Bianco, Cracolici e Lupo mostrando l’abilità politica del ‘colonnello’ che all’apparire preferisce la strategia avendo dalla sua parte il generale. Nelle retrovie sembra finito invece Rosario Crocetta che un giorno si e l’altro pure ripete di volersi ricandidare a governatore, tra il silenzio dei dem impegnati nelle faccende referendarie e nell’interpretazione degli equilibri che verranno.
P.S: Cracolici e Lupo si sono divisi anche i sottosegretari. Giuseppe Castiglione (Ncd), da buon conoscitore del mondo agricolo, era in prima fila al Politeama, qualche poltrona più in là di Renzi e Cracolici. Lupo aveva con sè il sottosegretario Simona Vicari (Ncd) e l’intera truppa di Sicilia Futura, col comandante in capo Totò Cardinale che di politica da Prima e Seconda Repubblica se ne intende.