“Dal 2013 al 2015 – afferma Bevacqua – per ben tre anni il carburante scese costantemente dal 1 gennaio 2013, al 31 dicembre 2015, da 120 dollari al barile sino a 35 dollari al barile. Con gli esperti della nostra federazione internazionale che si occupano specificatamente di tariffazioni aeree ma anche di tariffazioni marine ed energia per i trasporti su strada e su ferrovia, abbiamo analizzato la situazione. E abbiamo così individuato una plusvalenza che le compagnie aeree hanno avuto in questo triennio e con la quale hanno risanato i loro bilanci. Il costo del biglietto è rimasto uguale nel triennio recente, nonostante le compagnie aree nei loro regolamenti abbiano sempre specificato che il prezzo del biglietto fosse collegato a quello del costo del petrolio. Avrebbero dovuto abbassare il prezzo, invece hanno preso in giro i consumatori, tutti quanto e globalmente nel mondo. Noi come Uftaa stiamo portando avanti una grossa causa, una class action a favore dei consumatori. Non so dove arriveremo ma vogliamo dire che bisogna parlare con le carte alla mano. In Sicilia se si fosse applicato questo abbattimento delle tariffe per quanto concerne il petrolio, un biglietto che viene venduto a 100 euro sarebbe potuto scendere a 50 euro”. Secondo gli studi Uftaa svelati da Bevacqua, nel 2013 le compagnie aree avrebbero ottenuto circa 2 miliardi di dollari di profitto, nel 2014 ben 6 miliardi e 500 milioni di dollari, e la proiezione al 31 dicembre dello scorso anno parlava addirittura di 40 miliardi di dollari. E così, un biglietto da Catania per Roma può arrivare a costare al momento fino a 145 euro, mentre verso Milano la cifra sale in media a 180 euro, per impennarsi a 238 scegliendo come destinazione Torino.
Con la residua speranza di sconti last minute che consentirebbero di viaggiare nella capitale a 104 euro, e a non meno di 150 su Milano e Torino. Il carburante inciderebbe nei vari Stati tra il 35 e il 55 per cento del costo del biglietto a seconda delle tratte ma per quelle riguardanti la Sicilia, per Uftaa, oscillerebbe tra il 40 e 60 per cento. “La verità – conclude Bevacqua – è che ad oggi ancora non c’è un sistema Sicilia: l’Aeroporto di Catania fa la sua politica, quello di Palermo fa la propria, e quelli di Trapani e Comiso fanno lo stesso. E questo non va bene e conduce a quel famoso motto: “divide et impera“. E’ quello che sta avvenendo. Siamo caduti nella rete delle compagnie aree, bisogna ragionare in termini di progetto Sicilia e parlare di tutti gli aerei che arrivano in Sicilia nei vari aeroporti. Con le compagnie va fatto un discorso globale, pur mantenendo ciascuno il proprio ruolo, commerciale per le compagnie e idem vale per le agenzie di viaggio. Ma agendo a favore tutti quanti dei consumatori, con la “benedizione” dei vari assessorati regionali che devono fare la loro parte”.