Si è finalmente aperto, dopo vari rinvii e il cambio del collegio (uno dei giudici era incompatibile per aver firmato un decreto di intercettazione durante le indagini) della quarta sezione del Tribunale di Palermo, il processo all’eritreo accusato di essere uno dei capi delle organizzazioni internazionali di traffico dei migranti. La Procura ha chiesto di riunire il procedimento a carico di Medhanie Yehdego Mered al troncone principale in cui sono imputati Mohammed Elias e Said Arouna Traore. Il Tribunale ha accolto la proposta.
L’avvocato dell’imputato, Michele Calantropo, ha presentato diversi documenti che attesterebbero lo scambio di identità al momento dell’arresto. Per la difesa, infatti, l’eritreo a processo in Italia è un profugo di 29 anni che risponde al nome di Medhanie Tesfamariam Berhe. Il presunto trafficante è stato estradato in Italia dal Sudan il 7 giugno in un’operazione che ha coinvolto anche la National Crime Agency (Nca) di Londra e il Foreign office britannico. Tra i documenti anche il bollettino del college frequentato da Tesfamariam Berhe, certificati di nascita e residenza, ma soprattutto nove nuove foto che – secondo la difesa – pongono dubbi sulla vera identità del cittadino eritreo. L’avvocato Calantropo ha trovato gli scatti di un matrimonio in cui appare quello che secondo lui sarebbe il vero trafficante: Medhanie Yehdego Mered. “Queste foto, scattate nell’ottobre 2015 al matrimonio di una nipote di Mered – dice – sono veramente importanti perché provano quello che abbiamo cercato di dire negli ultimi mesi. Provano che il trafficante è sempre libero e non è ovviamente il mio cliente. Nelle foto ci sono i volti di alcuni parenti di Mered intercettati, dagli inquirenti, mentre parlavano con un parente trafficante di uomini”.
La tesi della difesa sarebbe rafforzata anche da un messaggio di Mered scritto sul suo account Facebook. Nel post scritto in tigrino, una delle lingue più parlate in Eritrea, il presunto vero Mered afferma che un altro cittadino eritreo – accusato di essere Mered – è finito in manette per uno scambio di identità. “Quello che ha scritto il messaggio su Facebook – prosegue Calantropo – è il vero Medhanie Yehdego Mered. Lo afferma la stessa Procura perché quello è il profilo di cui si parla nelle indagini e il numero di cellulare intercettato è lo stesso che compare nel profilo sul social network di Medhanie Yehdego Mered”. Il processo è stato rinviato al 19 dicembre.