“Il terrorismo in Europa ha dimostrato che è difficile da controllare e da gestire. Ed è un fenomeno molto simile a quello delle mafie. Si sono sempre create similitudine e connessione tra i due fenomeni. Come le mafie i terroristi si dedicano a traffici per autofinanziarsi, di stupefacenti, armi, beni culturali. Questi traffici, che noi abbiamo sempre attribuito alla mafia, oggi sono esercitati anche dal terrorismo. Le stesse mafie hanno usato in passato anche metodi terroristici, con stragi che colpirono persone inermi per creare paura e intimidazione. Anche le strategie di contrasto possono essere adattate ad entrambe. Bisogna globalizzare la legalità”. E’ la ricetta del presidente del Senato, Pietro Grasso, per la lotta al terrorismo internazionale. Grasso ha spiegato il suo punto di vista intervenendo all’incontro della Fondazione Caponnetto a Bagno a Ripoli, in provincia di Firenze. “Bisogna mettere in connessione tutte le informazioni – ha aggiunto Grasso -. Abbiamo scoperto che alcuni attentati in Europa non sarebbero avvenuti se si fossero condivise le informazioni. Noi abbiamo il know how, siamo all’avanguardia nella lotta alla criminalità organizzata nazionale e transnazionale. Certamente si può ancora migliorare e adeguare alla continua evoluzione dei fenomeni. Bisogna coordinare le informazioni tra paesi“.
Ma in realtà, qualche paese europeo ha già pensato di adottare contro il terrorismo le misure che l’Italia ha messo in campo contro le mafie. Dopo gli attacchi a Charlie Hebdo e del 13 novembre 2015, il parlamento francese sta pensando di introdurre una sorta di 41 bis contro il jihadismo internazionale. Per isolare i capi jihadisti arrestati e “tagliare i legami tra detenuti e la loro organizzazione”, inizia a farsi strada l’idea di introdurre quel regime carcerario mutuato proprio dalla norma italiana, applicata prima soltanto ai boss mafiosi e poi estesa anche ai capi delle organizzazioni terroristiche. Non si tratta ancora di una proposta legislativa vera e propria, ma l’idea è già contenuta negli atti parlamentari della Commissione d’inchiesta sul terrorismo islamista dell’Assemblea nazionale. Nelle oltre cinquecento pagine del documento presentato a giugno di quest’anno – frutto di oltre sei mesi di lavoro, avviato dopo gli attacchi di gennaio alla redazione di Charlie Hebdo – il riferimento alla norma antimafia italiana è scritto a chiare lettere in più d’un passaggio.