E’ scontro sui contenuti tra il Tribunale del Riesame di Palermo e il Gip di Agrigento. Secondo i giudici palermitani l’avvocato Giuseppe Arnone (coinvolto in un indagine con l’accusa di estorsione) non andava arrestato. E’ quanto emerge dall’ordinanza che lo scorso 29 gennaio ha annullato la custodia cautelare in carcere del legale agrigentino.
Il leader ambientalista era stato arrestato lo scorso 12 novembre dagli agenti della Squadra Mobile di Agrigento che lo avevano fermato, all’uscita dallo studio dell’avvocato Francesca Picone, dalla quale aveva appena ricevuto due assegni bancari. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere era stata firmata dal Gip di Agrigento Francesco Provenzano. Secondo la Procura, quei soldi sarebbero state “le prime due rate di una tangente di 50 mila euro che Arnone avrebbe chiesto a Picone” per non alzare clamore mediatico su una pregressa vicenda giudiziaria che vede la donna imputata per irregolarità nei confronti di una sua cliente, successivamente assistita proprio da Arnone.
Secondo il tribunale del Riesame di Palermo il reato di estorsione non “consente la custodia cautelare in carcere”. ”La condotta dell’avvocatessa Francesca Picone – dice Arnone – viene definita dal Riesame, se provata ‘veramente disonorevole per un avvocato, che, come la Picone, era pagata dal patronato per l’assistenza della povera gente, accuse comunque gravemente lesive dell’immagine umana e professionale della medesima Picone”.