I flussi di migranti nei porti siciliani finiscono ancora una volta nel dibattito politico. A parlarne stavolta è il deputato all’Ars Pippo Gennuso, originario di Siracusa e noto per una serie innumerevole di dichiarazioni sugli effetti delle migrazioni nelle città siciliane. Parole che rilanciano un grido d’allarme lanciato nei giorni scorsi da Assoporto Augusta, in netta controtendenza rispetto alle organizzazioni di settore presenti nelle altre province siciliane: perché i clandestini non vengano fatti sbarcare altrove?
“Il porto commerciale di Augusta è la rada più importante e strategica del Sud del Mediterraneo – dice – e l’impressionante sbarco di clandestini ha bloccato le reali funzioni commerciali ed imprenditoriali del porto. Le banchine sono occupate, così come anche gli ormeggi. Oggi a causa di quella che ritengo un’invasione da parte del governo centrale, il porto megarese anziché portare sviluppo, ha collassato le attività imprenditoriali, mettendo a rischio centinaia di posti di lavoro di aziende che lavorano nel settore marittimo”. Secondo l’agenzia Onu per i rifugiati al 30 novembre sono sbarcate sulle nostre coste 172.444 persone e nel porto di Augusta si è registrato il maggior numero di sbarchi (22.926). Seguono quelli di Catania (16.824), Pozzallo (16.405) e Messina (14.869).
La proposta di Assoporto Agusta è quella di delocalizzare gli sbarchi a “Corigliano Calabro, i pontili Nato o la base di MariSicilia della Marina militare” ma il deputato Gennuso rilancia chiedendosi “Perché i clandestini non li fanno sbarcare a Genova, o a Venezia o Civitavecchia?” tenendo a precisare “che qui non c’è nessuna forma di razzismo, ma si tratta di tutelare una trentina di aziende augustane che hanno pagato e continuano a pagare a caro prezzo gli effetti della crisi economica”. Proposta che fa da contraltare a quanto emerso nell’ultima assemblea di Federagenti in cui il presidente degli Agenti Raccomandatari e Mediatori Marittimi della Sicilia, Gaspare Panfalone, aveva proposto “una rete portuale soprattutto tra i porti del sud della Sicilia ed alcuni del nord Africa, con particolare riferimento ai porti tunisini e libici, in un’ottica di reale soluzione dei problemi drammatici riguardanti gli immigrati ed i migranti, potrebbe fornire una prima risposta concreta, che traguardi anche a un coordinamento dei flussi futuri di merce da e per i nuovi centri di produzione che dovranno essere radicati dall’altra parte del Mediterraneo”. Chi guarda a Sud, chi a Nord.