La Sicilia è tra le regioni italiane in cui si sta diffondendo più rapidamente la coltivazione di canapa. Su scala nazionale è stato registrato un aumento del 200% dei terreni coltivati negli ultimi 3 anni ed una molteplicità di usi che ne fanno una materia prima sempre più ‘attraente’. Il dato emerge da uno studio della Coldiretti in occasione dell’entrata in vigore dal 14 gennaio della legge 242 del 2016 “Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa”, mirata proprio al rilancio ed al sostegno di questo settore.
In Italia è scoppiata la ‘canapamania‘, tanto che i suoli dedicati a questo tipo di coltivazione nello Stivale hanno raggiunto quasi i tremila ettari. “Oggi – afferma il presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo – si ha finalmente un quadro legislativo che può valorizzare le caratteristiche distintive della canapa in Italia, dove si sta verificando una rapida diffusione della coltivazione dalla Puglia al Piemonte, dal Veneto alla Basilicata, ma anche in Lombardia, Friuli, Sicilia e Sardegna”.
Dai tessuti alla pasta, dalla birra ai cosmetici, dalla carta ai saponi, dai biscotti al pane ma anche detersivi, vernici o addirittura mattoni, gli usi della canapa industriale sono molteplici. La ricerca della naturalità nell’abbigliamento, nell’alimentazione e l’affermarsi di stili di vita più ecologici ha favorito, sottolinea Coldiretti, la diffusione della canapa che è particolarmente versatile negli impieghi, ma anche a basso impatto ambientale, contribuendo alla riduzione del consumo dei suoli e della desertificazione e alla perdita di biodiversità.
Dalla canapa si ottengono eco-mattoni da utilizzare nella bioedilizia che, oltre a garantire un’alta capacità isolante, assorbono anche CO2, ma c’è pure il pellet di canapa per il riscaldamento che assicura una combustione pulita.
Numerosi poi gli impieghi in campo alimentare, dai biscotti fino al pane, dalla farina all’olio, le cui proprietà benefiche sono state riconosciute dall’Organizzazione mondiale della sanità. Il seme di canapa e gli alimenti derivati contengono, infatti, proteine che comprendono tutti gli aminoacidi essenziali. Dalla canapa si ricavano, inoltre, tessuti ottimi per abbigliamento e arredamento, grazie alla grande resistenza di questo tipo di fibra.
“Il boom della coltivazione della canapa è un’ottima dimostrazione della capacità delle imprese agricole di scoprire e sperimentare nuove frontiere e soddisfare i crescenti bisogni dei nuovi consumatori”, spiega Moncalvo nel sottolineare che “proprio da queste esperienze di green economy si aprono opportunità di lavoro nelle campagne che possono contribuire alla crescita sostenibile e alla ripresa economica ed occupazionale del paese”.
Per l’Italia si tratta in realtà, rileva Coldiretti, di uno storico ritorno per una coltivazione che fino agli anni ’40 era più che familiare tanto che il Belpaese, con quasi 100mila ettari, era il secondo maggior produttore di canapa al mondo (dietro soltanto all’Unione Sovietica). Il declino è arrivato per la progressiva industrializzazione che ha imposto sul mercato le fibre sintetiche, ma anche per la campagna internazionale contro gli stupefacenti che ha gettato un’ombra su questa pianta. Il governo italiano nel 1961 sottoscriveva una convenzione internazionale chiamata “Convenzione Unica sulle Sostanze Stupefacenti” secondo cui la canapa sarebbe dovuta sparire dal mondo entro 25 anni, mentre nel 1975 entra in vigore la ‘legge Cossiga’ contro gli stupefacenti, e negli anni successivi gli ultimi ettari coltivati a canapa scompaiono.