Laureati in corsa per un posto di lustrascarpe. Il titolo di giornale sembra una barzelletta, una di quelle boutade lanciate lì per strappare qualche click e pochi sorrisi. Invece la faccenda è poco seria e molto grave, perché a volte un articolo aiuta più di una ricerca accademica a capire dove va il mondo.
Quello del lustrascarpe è un mestiere antico, quasi scomparso, che merita lo stesso rispetto che si deve a qualsiasi altro lavoro umile e al tempo stesso importante. Meno essenziale di altri servizi, forse, ma degno di considerazione. Nulla da eccepire sull’iniziativa di Confartigianato Palermo.
Ciò che lascia basiti è il fatto che a “correre per il posto”, nell’indifferenza generale, pare siano molti laureati più o meno giovani. Nessuna reazione degna di nota, a questa notizia, da parte della sedicente classe politica cittadina, sempre pronta a intervenire su tutto ma stavolta muta e silente; anzi, si può supporre, pronta a tuffarsi a pesce in questa nicchia preelettorale pregna di nuove, affollate clientele (“prepara la domandina, poi ci parlo io”), fatte di ingegneri scartati dal McDonald’s e di laureate in lettere appena scaricate dal call center di turno, di esauste insegnanti a gratis delle scuole paritarie e dottori-commessi-camerieri malpagati e sfruttati nei negozi e pub del centro storico.
Sembra già di vedere le prime interviste ai nuovi sciuscià, sui notiziari regionali e nelle web tv, che presidiano emozionati le loro postazioni nuove di zecca nei punti nevralgici della città e spiegano, col tipico idioma della Palermo bene, come applicheranno le teorie keynesiane al business plan della loro start-up. Il tutto mentre, chini e sottomessi, lustrano un inguardabile stivaletto al ragazzo dei quartieri in libera uscita il sabato pomeriggio, portafogli pieno e terza media da privatista, in un rovesciamento di ruoli sociali che Marx e Fidel Castro non avrebbero neppure osato profetizzare.
Hanno fallito, abbiamo fallito, tutti: non solo la nostra miserabile classe politica, ma un’intera generazione di genitori, insegnanti, imprenditori e cittadini che l’ha messa lì, a non-fare. Una generazione altamente scolarizzata ma profondamente ignorante, cresciuta in un benessere effimero, incapace di capire il presente e preparare il futuro, di tenere la testa alta e la schiena dritta. Una generazione che ha fatto studiare i propri figli, ma ha trascurato di coltivare e trasmettere loro valori importanti come l’aria: il senso della dignità, il rispetto di sé.