Primo tassello definitivo sull‘epopea giudiziaria che riguarda l’ex patron della Ksm, Rosario Basile. Il caso è singolare e negli ultimi mesi ha visto parecchi colpi di scena. Oggi il tribunale civile di Palermo ha riconosciuto la paternità di Basile del bambino avuto da una donna che con l’uomo ha avuto una relazione. Il tribunale ha riconosciuto anche un risarcimento al bambino di 28 mila euro nonostante la donna ne avesse chiesto 200 mila euro. L’inchiesta penale è stata chiusa nei giorni scorsi dal pm Siro De Flammineis che contesta a Basile l’accusa di minaccia e violenza privata.
Secondo la donna, l’uomo d’affari palermitano avrebbe organizzato un piano per non riconoscere il bimbo nato dalla loro relazione sentimentale e l’avrebbe anche licenziata, mettendo in scena una relazione della donna con un altro dipendente. “L’assunzione di responsabilità da parte dell’ormai acclarato e confesso padre – aveva detto l’avvocato della donna, Antonella Arcoleo – cozzano, in maniera più che evidente, con il comportamento processuale tenuto”. Intanto, la vicenda penale si arricchisce di nuovi particolari. Uno degli indagati avrebbe preferito collaborare con gli inquirenti e avrebbe parlato di un tentativo, non riuscito, da parte di Basile di modificare i dati della perizia sul Dna per evitare di riconoscere il figlio nato dalla relazione con l’ex dipendente che lo ha denunciato.
L’ indagato avrebbe anche ammesso di avere partecipato alla falsificazione di un documento consegnato da Basile ai magistrati per tentare di discolparsi dall’accusa di avere minacciato l’ex dipendente. Sarebbe andata a vuoto invece la richiesta, da parte di Basile, di accedere ai dati della perizia sul Dna per il riconoscimento del figlio. L’episodio non è infatti contestato dai pm.