Palermo Bene e cocaina. Un binomio non nuovo per il capoluogo siciliano. I volti dei personaggi rimangono quasi sempre coperti da un’ombra e dall’omertà.
Omertà che non è sempre coerente con le circostanze, in modo così da ostacolare la ricerca e la punizione del colpevole. Mi spiego meglio. Anzi, vi porto proprio un esempio. Giorno tre febbraio, dai ragazzi della questura di Palermo, viene intercettata una telefonata tra uno spacciatore ed un signore trentenne. La telefonata è molto amichevole. Dopo quella conversazione, i due fissano un appuntamento e si incontrano vicino al Berlin, una delle zone più gettonate per i giovani – e non – fighetti palermitani. Durante l’incontro dei due, scattano le manette per il pusher, Antonino Di Betta. Addosso gli trovano 25 dosi di polvere bianca. L’altro ragazzo, stando alle cronache, era abbastanza nervoso, non aveva cocaina addosso. Ma sente di dover avvisare gli investigatori della narcotici, e si presenta: “Sono un giudice”. Il signore, classe ’82, al momento presta servizio al tribunale penale di Agrigento. Nessuna iniziale stampata sui giornali. Nessun volto. Nessun nome del giudice. Anche per le strade della città, molti ragazzi della “Palermo Bene” che conoscono il magistrato, la sua vita e la sua mondanità, ad oggi, non ne parlano. Fanno finta di niente. Un giudice in tarda notte con uno spacciatore. Che strana coppia. Sono amici? Perchè il giudice lo ha voluto incontrare?
Visto che nessuno ne scrive, perchè “i consumatori di coca, sono coperti da privacy” attribuirò un nome. E a questo giovane giudice in carriera lo chiamo Compare Bubù. Perchè vedete, a Compare Bubù non punto il dito contro. Anche perchè non subirà nessun processo penale. Credo al massimo una segnalazione alla questura. Uno dei problemi di Compare Bubù è che lui potrebbe comprare la droga dalle stesse persone che giudica e condanna. Magari Bubù come il Marchese del Grillo, ha iniziato a capire che lo sfoggiare il suo tesserino poteva risolvere la serata, forse e fantasticando, anche al suo “amico” spacciatore.
In molti altri casi in cui ad essere coinvolti non erano i professionisti della “Palermo bene” o persone con incarichi di un certo livello, il nome veniva e viene costantemente spiattellato in prima pagina. Ecco, non è odio sociale dal basso questo, ma soltanto ingiustizia. Un atto ingiusto, non conforme cioè a giustizia. Ma per quella ci pensa Compare Bubù.