Oggi è una giornata significativa per la città di Messina. Nel pomeriggio, infatti, sarà presente in città il Ministro delle Infrastrutture e Trasporti Graziano Delrio: quale migliore occasione, quindi, per mettere sul tavolo i temi fondamentali per lo sviluppo del territorio? Ovvero lo sviluppo delle vie di comunicazione senza le quali ogni ipotesi di sviluppo è impensabile.
Per questo motivo sento il dovere di cedere la tribuna, quest’oggi, ad una delle voci che con maggiore tenacia e competenza sta conducendo la battaglia per ridurre il gap infrastrutturale tra la Sicilia ed il resto del Paese: Fernando Rizzo, presidente della “Rete per le Infrastrutture del Mezzogiorno”, che descriverà con parole e concetti totalmente condivisibili la “madre di tutte le battaglie” per il riscatto del Mezzogiorno. Buona lettura.
“Secondo i dati della Commissione della UE nel 2015 su 263 regioni europee la Sicilia è al 237° posto, l’ultima italiana per livello di competitività in gran parte dovuto all’inesistenza di una rete infrastrutturale strategica. Poco meglio si posiziona la Calabria al 235° posto, al 233° la Puglia (in gran parte dovuto al pessimo livello della Sanità e dell’ I’Università) e al 231° posto la Basilicata. Cosa accomuna tutte queste regioni? Sono le uniche che non conoscono l’alta velocità e l‘alta capacità ferroviaria. E tutte sono peggiorate rispetto ai livelli del 2013 quando la Sicilia era al 235° posto.
Ma vi è di più: secondo i dati Eurostat del 2015 sempre su 263 regioni europee la Sicilia si piazza all’ultimo posto per numero di occupati tra i 18 e i 63 anni. Solo il 42% dei siciliani in età da lavoro ha una occupazione precaria o definitiva. I dati sono drammatici: senza la politica assistenziale, il cosiddetto “welfare“, i Siciliani starebbero peggio di ucraini, romeni, greci e bielorussi.
La situazione, senza serie politiche infrastrutturali dello Stato centrale, non potrà che peggiorare. Non esiste alcun imprenditore mediamente sano di mente che, senza ferrovie collegate ai porti, senza infrastrutture strategiche, possa immaginare un investimento produttivo in Sicilia. Basta considerare che sino al WTO del 1994 che ha sancito in via di principio l’abbattimento delle barriere doganali, in Sicilia esistevano 56 corse giornalieri di cui 12 passeggeri e 44 merci da e per il continente. Le navi ferroviarie erano ben 5 e la Sicilia era ancora il centro del Mediterraneo. Con l’alta velocità e l’alta capacità e l’eliminazione dei “colli di bottiglia” tutto è cambiato. Nessuna industria può permettersi di sbarcare le merci in Sicilia, caricarle sul gommato attraversare lo Stretto e risalire verso i mercati del Nord Europa. La Sicilia non produce e non consuma e oggi, senza ferrovie collegate ai porti l’immenso traffico merci bypassa l’isola per sbarcare nei porti del nord Europa o del nord Mediterraneo.
Il tutto è destinato a peggiorare nei prossimi anni per l’impetuoso sviluppo dei porti nord africani tra cui Tangeri dove i cinesi hanno appena concluso un importante accordo commerciale per la realizzazione di un enorme scalo container mediterraneo con un investimento di 9,2 miliardi in 10 anni e 100.000 posti di lavoro.
Mentre la Sicilia è emarginata dal governo centrale e non è compresa dai politici locali. Non esiste al mondo un’isola con più di 100.000 abitanti e distante meno di 2 miglia da un continente che non sia collegata stabilmente con la terraferma.
La realizzazione del Ponte, meglio del Corridoio Palermo Berlino (ora Helsinki – La Valletta) non è, quindi, una fastidiosa fissazione, bensì la correzione di un’anomalia planetaria. Premessa indispensabile per rendere il Mezzogiorno parte essenziale e non surrogabile di un progetto di ridefinizione del ruolo dell’Italia nel panorama euromediterraneo e prologo significativo alla soluzione della “questione meridionale”.
Per questo oggi il Ministro dovrà spiegare che cosa intende fare su questi punti:
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Corridoio Napoli-Palermo. L’uso di questa denominazione al posto del tanto discusso nome “Ponte sullo Stretto di Messina”, rende più facile spiegare che il Ponte è solo il primo e fondamentale anello di una nuova ed epocale sfida mirata a integrare il Mezzogiorno nel grande progetto di sviluppo dell’intero Paese già avviato in altre parti d’Italia
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La nuova e rivoluzionaria concezione del Sud. I Corridoi NA-PA e NA-BA – come ha prontamente intuito il Governatore De Luca – comportano inevitabilmente la trasformazione del Mezzogiorno da palla al piede del Paese a parte integrante di un processo di sviluppo generale, conforme al principio unanimemente accettato in Europa – tranne che in Italia – secondo il quale “Non c’è Sviluppo senza Coesione, non c’è Coesione senza Mobilità, non c’è Mobilità senza Infrastrutture“. Un messaggio al Paese che può costituire la base per ripensare il ruolo dell’Italia nel panorama euromediterraneo.
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Il Corridoio AV/AC – Napoli-Palermo elimina una disuguaglianza ultrasecolare. Non è accettabile che, mentre ben 21 treni coprono giornalmente in poco più di 2 ore i 360 km che separano Torino da Bologna, tra Napoli e Reggio Calabria (370 km), invece, vi sia un solo Frecciargento (3h 50’) e 2 Frecciabianca (4h 30’). Per non parlare delle traversie che devono affrontare i coraggiosi che si propongono di arrivare in treno in Sicilia. Questa colossale diseguaglianza – che è ancor più rilevante per le merci – si traduce in una marginalizzazione che è la principale causa del degrado nel quale sono precipitate la Calabria e la Sicilia.
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Il Corridoio NA-PA conviene all’Italia. Senza di esso, quasi 20 milioni di Italiani restano esclusi dalla possibilità di avviare un processo virtuoso di sviluppo sostenibile e, così continuando, il nostro Paese l’Italia si troverà ad avere meno rilevanza della Spagna (47 mln di abitanti) nel panorama europeo.
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Autorità di Sistema Portuale con Gioia Tauro. A fronte di tutto ciò riteniamo lesivi dei diritti di Messina e della Sicilia, l’accorpamento all’Autorità di Sistema Portuale di Gioia Tauro: accorpamento innaturale sotto l’aspetto logistico oltre che di “vision” economico. Gioia Tauro è infatti fuori da ogni possibilità di prospettiva di crescita portuale, sia per l’apertura delle nuove banchine di Vado Ligure previste per il 2018, ritenuto che tutte le grandi compagnie hanno sottoscritto un accordo per realizzare in quel bacino il più grande porto di transhipment del Mediterraneo, e sia per la concorrenza con Tangeri, Capodistria, Suez, Pireo e Algeciras che rendono improbabile il recupero di Gioia Tauro. Pertanto l’accorpamento del portafoglio di Messina – Milazzo a Gioia Tauro ha solo fini mutualistici e non di prospettiva di sviluppo economica anzi determinando per conseguenza mancati investimenti e sottosviluppo.“
Fernando Rizzo