È un silenzio assordante quello dei sindacati e delle associazioni di categoria in Sicilia, perché stride con le sempre più evidenti difficoltà vissute dai lavoratori e dalle imprese dell’Isola. Al di là dei soliti comunicati stampa inviati alle redazioni dei giornali, non si sono viste né si vedono all’orizzonte iniziative forti e decise capaci di catalizzare l’attenzione delle istituzioni sui problemi più profondi dell’economia siciliana.
Avete qualche dubbio? Allora proviamo a ricordare quanti scioperi e manifestazioni, a livello locale e regionale, si sono tenuti dall’inizio dell’anno sui temi della disoccupazione, del precariato o sui fallimenti delle aziende … solo per citare alcune delle questioni più rilevanti. Per contarli basterebbero soltanto le dita di una mano.
A giudicare dalla calma piatta che si registra da un po’ di tempo a questa parte, parrebbe che la Sicilia sia un’isola felice. Eppure è di questi giorni la notizia della perdita da parte della Regione Siciliana di 210 milioni di euro di finanziamenti statali da destinare agli artigiani sotto forma di incentivi. Fondi che fino al 2011 venivano trasferiti in automatico e che a partire dal 2012 la Regione avrebbe dovuto richiedere, poiché in virtù della sua speciale autonomia poteva utilizzarli sempre per aiutare il settore ma con una maggiore discrezionalità rispetto a quella riservata alle Regioni a statuto ordinario. Quella che doveva essere una bella opportunità per gli ultimi governi regionali si è invece trasformata in una beffa per i piccoli imprenditori del settore.
Una beffa che, in una regione dove le imprese artigiane fanno grande fatica a tirare avanti e hanno un tasso di mortalità altissimo, perché ad esempio non riescono ad accedere al credito, avrebbe dovuto far scatenare la rivolta. Invece, al di là di qualche dichiarazione rilasciata sui giornali la vicenda non ha destato nessuna reazione e sembra essere già piombata nel dimenticatoio. Può una Regione come la Sicilia e una categoria come quella degli artigiani permettersi il lusso di lasciare passare la cosa? La domanda dovrebbe essere retorica, ma a questo punto non bisogna dare niente per scontato.
C’è poi, per citare un altro caso eclatante, il capitolo vertenze. Non passa giorno, infatti, che nell’Isola un’azienda di medie e grandi dimensioni non decida di chiudere i battenti. Molte situazioni di crisi sono state risolte, bisogna darne atto. Ma molte altre attendono ancora una soluzione. Tra queste rientra anche l’annosa condizione in cui si trovano circa 10 mila lavoratori della formazione che si intreccia con quella dei disoccupati. Il destino di entrambi è legato a quello di un avviso che ormai da troppo tempo non riesce a tagliare i nastri di partenza. Il settore è in standby da troppo tempo, mentre i mesi passano senza che ai primi venga data la possibilità di guadagnarsi lo stipendio e ai secondi vengano erogati i corsi per acquisire quelle competenze ed abilità che li aiuterebbero nella ricerca di un’occupazione.
Anche in questo caso, paradossalmente, tutto tace.
Ecco sono queste alcune banali esemplificazioni del silenzio dei sindacati e delle associazioni di categoria. Un silenzio che tradisce la disperazione di molti cittadini siciliani che, oltre a lamentare l’inerzia di chi li governa, non si sentono rappresentati da chi per statuto avrebbe il compito di tutelari e promuovere l’affermazione dei loro diritti.