Prosegue l’Odissea per il completamento della “Tratta A” del Passante ferroviario di Palermo. Sono ormai famosi in tutta Italia quei famosi 58 metri che impediscono l’ultimazione della galleria Imera-Lolli, sotto vicolo Bernava (in zona Tribunale).
Dopo 5 anni di stop ai lavori (era il 10 giugno 2012) per quello che la Sis ha definito «imprevisto geologico» (QUI LA STORIA) ancora non si è trovato l’input per riprendere gli scavi. Ad aprile la Regione ha approvato finalmente la variante dal costo di quasi 18 milioni di euro. E adesso finalmente Rfi ha iniziato a definire degli accordi con la prima metà dei proprietari degli immobili situati nei 5 edifici danneggiati e da abbattere.
«Abbiamo trovato già degli accordi con una dozzina di proprietari, pattuendo il prezzo degli espropri per pubblica utilità. Sono accordi volontari di cessione degli immobili da abbattere – rivela a ilSicilia.it l’ingegnere Filippo Palazzo di Rete Ferroviaria Italiana – . Con l’altra metà dei proprietari coinvolti, invece, non abbiamo trovato l’intesa… Questo però non pregiudicherà l’esproprio che andrà avanti in ogni caso».
Le case a rischio cedimento, infatti, in questi anni (tra il generale crollo del mercato immobiliare e l’inevitabile deprezzamento degli immobili della zona) hanno perso ulteriormente valore. Ecco perché le stime immobiliari proposte dalle Ferrovie non sono piaciute a tutti i proprietari. «Potranno opporsi all’indennità facendo ricorso alla Cassa Depositi e Prestiti. Sarà poi un giudice a decidere. Il procedimento di esproprio però non corre alcun rischio e andrà avanti, con o senza il loro assenso», aveva spiegato Palazzo ad aprile, in concomitanza con la pubblicazione del decreto del Dipartimento Regionale Urbanistica.
Le Ferrovie quindi stanno anticipando i costi di esproprio. Restano però ancora top secret le cifre sborsate. Sarà il tempo e la magistratura a stabilire se ci sono stati errori in fase di progettazione (Italferr, gruppo FS) o in fase di scavo (Sis).
L’unica cosa certa è che quelle case erano integre prima del via all’appalto da 1,2 miliardi di euro. Ecco perché da anni c’è una battaglia legale coi residenti di vicolo Bernava, via Pacini e via Serpotta. Una settantina i primi sgomberati, ospitati dapprima in hotel a spese della Sis; ora sono rimaste circa 25/30 le famiglie coinvolte e che dovranno dire addio per sempre alle proprie case.
La Sis intanto ha presentato a Rfi delle “riserve” per extra-costi che superano i 100 milioni di euro. Sarà il Tribunale di Roma a stabilire se ha ragione o no, tramite un accertamento tecnico preventivo. Nel frattempo, però, nel “tappo” di vicolo Bernava le ruspe si avvicinano: «Entro fine anno dovremmo chiudere la questione dei pagamenti per gli espropri», conclude Palazzo.
Dal 2018, quindi, (forse) riprenderanno gli scavi. Si dovranno buttare giù i 5 palazzi coinvolti, scavare sottoterra, drenare la falda, costruire il “tappo di fondo” della galleria e richiudere il tutto. A fine lavori, al posto degli edifici demoliti dovrebbe sorgere un giardino.
Ma sono ancora tanti gli interrogativi: chi pagherà questa maxi-variante da 18 milioni di euro? Quanto è costata e chi pagherà la consulenza del luminare in gallerie Giovanni Barla che ha stabilito le demolizioni come unica chance possibile per ultimare in sicurezza i lavori? I proprietari delle case dovranno essere risarciti anche dei danni morali? Ci sono responsabilità in fase di progettazione da parte di Italferr o è stato davvero un “imprevisto geologico” quel fiume di acqua e fango?
Il sindaco Leoluca Orlando su questo punto non ha dubbi: «I progettisti si sono dimenticati che c’è il fiume Papireto sotto al Tribunale. Bastava che il progettista delle Ferrovie chiedesse alla zia Pippina che abita lì notizie sul Papireto, e gli avrebbe risposto: “Qua l’acqua c’era e c’è sempre stata”», riferì nella nostra intervista pre-elezioni.
Nel frattempo l’Odissea continua…