A ogni elezione c’è sempre spazio per loro. Illusione o speranza. Impostura, mistificazione o legge dovuta del corso dele cose. I precari siciliani sono la più grande certezza generata dalla politica nella nostra isola negli ultimi 30 anni.
In Sicilia ci sono 18.497 lavoratori precari. Di questi 15.417 negli Enti Locali e 3080 negli altri enti: Aziende Sanitarie Provinciali, Camere Commercio, Consorzi Asi, Istituti autonomi case popolari, Poli Universitari, Ato Idrici, Cefpas, Consorzi Bonifica, Aziende ospedaliere, Aci, Istituto Zooprofilattico Sperimentale.
Sono 11.469 quelli ai sensi della legge regionale 16 del 2006 e 7028 ai sensi della legge regionale 21 del 2003. La Regione interviene con 9 milioni e 900mila euro all’anno rispetto alla cifra totale necessaria : 14 milioni 150 mila euro all’anno.
Croce e delizia di ogni governo regionale i precari da stabilizzare non sono mancati neanche in questa legislatura. Un intreccio tra norme statali e regionali che ha incrociato la riforma portata avanti dalla Legge Madia, sul quale si è sovrapposto anche il “doppio passo” sulla riforma delle ex Province.
Sulla vicenda, Crocetta, ad un certo punto, aveva anche pensato di rimettere in campo la Resais, che si era già occupata del riutilizzo di lavoratori di aziende in crisi. Di tutto e quindi poi alla fine niente, per arrivare a a una soluzione vera e concreta. Chiara ed evidente. Nulla che abbia superato l’ennesimo piccolo grande bluff.
L’ultimo anno di lavoro ha portato un ritmo lento nelle soluzioni e negli effetti che si sono potuti tendere visibili.Fatti, comunque, alla fine non sempre chiaramente riscontrabili in un esito.
È pur vero che si è resa necessaria una proroga dopo che la legge D’Alia aveva previsto che il processo di stabilizzazione si doveva completare entro il 2016.
Netta la posizione di Enzo Abbinanti, segretario regionale della Cgil Fp: “Siamo arrivati ormai ad un punto di non ritorno sul precariato in Sicilia. Per noi esiste solo la strada unica della stabilizzazione nella dotazione organica degli enti. Istituendo ad esempio, nelle more della stabilizzazione un ruolo transitorio, una tappa intermedia nel processo con grandi numeri, della stabilizzazione”
Ad aiutare non è stato, tra le altre cose il “balletto” sulle Province . In particolare dopo l’esito del referendum le Province sono rimaste e hanno mantenuto le loro competenze. Uscire da questo avvitamento di situazioni sovrapposte tra loro, è costato tempo. La Regione nel frattempo aveva stipulato informalmente un accordo con lo Stato per armonizzare le varie leggi.