Marcello Dell’Utri non ha diritto a usufruire del beneficio della liberazione anticipata per la “gravità” del reato commesso, in concorso esterno in associazione mafiosa. Lo sottolinea la Cassazione, che ha giudicato corretto il ‘no’ alla scarcerazione deciso il 14 febbraio 2017 dal tribunale di sorveglianza di Bologna, quando Dell’Utri era ancora recluso in Emilia-Romagna. Il concorso esterno, ricordano gli ermellini, è un reato escluso dall’ottenimento di sconti di pena.
Ad avviso degli ermellini “correttamente” i magistrati di Bologna hanno ricordato che “la fattispecie di concorso esterno in associazione di tipo mafioso non costituisce un istituto di creazione giurisprudenziale bensì è conseguenza della generale funzione incriminatrice dell’art.110 c.p., che trova applicazione al predetto reato associativo qualora un soggetto, pur non stabilmente inserito nella struttura organizzativa del sodalizio, fornisce alla stessa un contributo volontario, consapevole, concreto e specifico, che si configuri come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento delle capacità operative dell’associazione”. Per queste ragioni la Cassazione ha “escluso” che il concorso esterno di tipo mafioso possa rientrare tra i reati per i quali l’ordinamento penitenziario consente benefici.
L’ex senatore si è più volte lamentato per le condizioni della sua detenzione, a suo giudizio, incompatibili con il regime detentivo in carcere dichiarandosi più volte prigioniero politico.