Parte da questo importante discorso di Paolo Borsellino sui politici e il ruolo della magistratura. Da lì il pm Nino Di Matteo – oggi pomeriggio a Palazzo delle Aquile durante la presentazione della petizione per sbloccare la legge La Torre bis (estensione della Rognoni-La Torre anche ai casi di corruzione) ferma in Senato – si scaglia contro l’attuale classe politica, senza peli sulla lingua: “Borsellino diceva che la politica era in attesa delle sentenze definitive della magistratura. L’attuale classe politica – dice il pm del processo trattativa – non fa più nemmeno questo: Renzi, ad esempio, non ha tenuto conto della sentenza Dell’Utri se è vero che con Berlusconi ha discusso di come modificare la Costituzione”.
Il riferimento è alla sentenza definitiva a carico dell’ex senatore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri, che riconosce l’esistenza di un Patto tra l’allora imprenditore Silvio Berlusconi e alcuni boss della mafia con la mediazione di Dell’Utri.
Di Matteo ha anche affrontato il tema della lotta alla corruzione, fenomeno che “costituisce sempre di più l’altra faccia della medaglia rispetto a Cosa nostra“. Tra le modifiche legislative sollecitate dal magistrato per contrastare la corruzione c’è anche la riforma della prescrizione.
“Pio La Torre – ha aggiunto il pm palermitano – ha saputo essere un traino nel contrasto alla mafia e ai suoi legami con la politica: indagava dentro e fuori al partito e lo faceva senza attendere la magistratura. Oggi quel modo di concepire la politica è stato totalmente tradito. La memoria di La Torre è stata mortificata dalla classe politica, anche quella nata dal partito comunista. La politica ha rinunciato al suo ruolo e alle sue prerogative e si è vigliaccamente tirata indietro lasciando sulle spalle della magistratura la lotta alla mafia e ai rapporti tra pezzi delle istituzioni e la mafia”.
Poi ritorna ad elogiare il codice etico del Movimento di Beppe Grillo: “L’approccio del Movimento cinque stelle che propone un codice deontologico è certamente un approccio positivo perché pone il problema della distinzione tra responsabilità penale e politica”.