Quel che resta di ieri, due minuti prima delle tre del pomeriggio, è l’istantanea con l’espressione impietrita di Gianfranco Miccichè che ha appena finito di ripetere mentalmente tutti i passaggi, i fatti e i discorsi che gli sono passati davanti nelle ultime ore, insieme a quelle 35 schede che lo fermano, almeno per ora, a un passo dallo scranno più alto di Sala d’Ercole.
Cinque anni fa Giovanni Ardizzone fu eletto per un voto. Ieri lui ha perso con lo stesso scarto. Dettagli anche minimi che fanno la differenza.
Poco importa che la maggioranza numerica del centrodestra fosse più consistente, che il grave lutto familiare ha impedito a Pippo Gennuso di essere presente al voto, che il Pd, almeno adesso, non ha voluto anticipare alcun patto per il futuro, confinando il trasversalismo a giornate migliori, in cui potrà incassare qualcosa di più. Il centrodestra ieri ha perso la prima prova d’aula che contava.
L’asticella si è fermata a trentacinque voti, con tutto l’extra budget dei due voti di Sicilia Futura. Il linguaggio del corpo, nel momento nel momento in cui Nicola D’Agostino, (Sicilia Futura) nel corso della seconda votazione, si è alzato dal suo banco per votare, aveva suggerito a Gianfranco Miccichè che mancava poco all’obiettivo. Lo stesso commissario forzista, dopo aver messo la scheda nell’urna si fermava a parlare con Roberto Di Mauro, candidato ‘in pectore’ degli autonomisti alla vicepresidenza.
A chiarire che sarebbe stata una giornata complicata è bastata la prima votazione. Su cinquantasei presenti sono arrivati trentatré voti per lui, con un voto per Riccardo Savona deputato di maggioranza, un tentativo forse di intorbidire le acque, ma anche due voti per Tancredi (5stelle). Da attribuire a Claudio Fava la scheda bianca.
Schermaglie che di per sè non avevano un particolare rilievo, ma che hanno innervosito ugualmente il centrodestra.
Il responso dell’urna porta i forzisti e la maggioranza che sostiene Musumeci ai tempi supplementari di oggi, con un mondo di scenari che rischiano di complicarsi.
La XVII legislatura dell’Ars aveva fatto il suo debutto a metà mattinata con l’insediamento dei settanta parlamentari, con Alfio Papale (FI) deputato anziano chiamato a presiedere, il giuramento dei deputati e la verifica dei poteri della commissione ad hoc.
Una sala è stata riservata ai parenti e a gli amici che hanno accompagnato i nuovi parlamentari, pronti a seguire la seduta attraverso uno schermo. Presenti anche due ex presidenti dell’Ars Paolo Piccione e Guido Lo Porto.
Proprio Alleanza nazionale che ebbe due presidenti dell’Ars (Cristaldi 1996-2001- e Lo Porto 2011-2006) ieri ci ha messo qualcosa di suo, nelle forme che della destra sociale rimangono, di #diventeràbellissima e Fratelli d’Italia, per eleggere Miccichè. Senza riuscire nell’obiettivo.
Ma i voti sono mancati da un’altra parte.
Oggi si riparte, dalle 11. E sarà un’altra storia. Basterà la maggioranza dei presenti in aula, e soprattutto basterà limitare a due, come finora è stato, il numero dei franchi tiratori?