La società è più fragile senza i giovani, la crisi demografica e lo spopolamento giovanile accomuna tutta l’Italia, dove l’incidenza dei giovani risulta da tempo sotto la media europea. Tuttavia, questo processo infelice di “degiovanimento” della nostra Penisola, non solo demografico ma anche sociale ed economico, accelera verso il Mezzogiorno.
Le regioni del Sud, e in particolare la Sicilia, hanno subìto nel corso di questo secolo una riduzione della fecondità maggiore rispetto alla media nazionale. Inoltre, la minor immigrazione straniera e la maggior perdita di abitanti, che si spostano per cercare migliori opportunità di lavoro altrove, vanno ad indebolire più che nel resto del Paese la popolazione giovane-adulta.
Certo, un peggioramento rispetto agli anni precedenti è causato dall‘emergenza epidemiologica da Coronavirus che ha paralizzato l’economia mondiale: la chiusura di imprese e licenziamenti sono state conseguenze inevitabili, gli effetti negativi della pandemia si registrano soprattutto in termini di occupabilità, considerata la grande concentrazione di giovani proprio in quei segmenti dell’economia più colpiti dalle restrizioni: il commercio, il turismo, l’intrattenimento, la ristorazione.
Ecco le ulteriori difficoltà per le nuove generazioni ad immettersi nel mercato del lavoro che risulta sempre meno appetibile, troppa offerta rispetto alla troppa poca domanda, per soddisfare le esigenze dei giovani preparati e dinamici, e le competenze qualificate acquisite.
L’auspicio è che il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza), pensato per rilanciare l’economia e per valorizzare le nuove generazioni del nostro Paese, sia in grado di innescare meccanismi virtuosi e coerenti con le specificità di ogni territorio e ogni fase della vita, ma alzando la capacità di essere, fare e produrre valore, ovunque si scelga di vivere nel nostro Paese. Tutto il Piano “è un investimento sul futuro e sui giovani. Ai giovani dobbiamo garantire welfare, casa e occupazione sicura”, come ha detto il premier Draghi. E’ la speranza per milioni di under 35 cresciuti a pane e precariato. Proprio per questo i giovani nel Pnrr costituiscono una delle grandi direttrici del piano assieme alle donne e al Meridione. Perché il Pnrr deve partire dai giovani, dalla valorizzazione del loro apporto e dalla creazione di opportunità professionali, per essere davvero il terreno di sviluppo di una nuova economia sociale, capace di progettazioni generative.
L’obiettivo è far crescere l’occupazione di questa fascia sociale, più istruita eppure più povera, entro il 2026 rispetto a quello che accadrebbe senza un Piano di ripresa e resilienza. I giovani sono stati inseriti nel Pnrr come componente trasversale: gli interventi previsti a loro favore sono distribuiti tra i vari pilastri di questo importante documento politico-economico.
Ma vediamo quali sono le voci principali dedicate a questa importante fascia sociale della popolazione che già si trovavano in una situazione di svantaggio da tempo, ed oggi più che mai soffrono di più la crisi pandemica e, di riflesso, quella economica.
Tema cruciale è la la facilitazione delle assunzioni a tempo determinato di figure tecniche giovani e preparate: il decreto reclutamento prevede infatti l’introduzione di misure urgenti per avviare esperienze di formazione e lavoro professionalizzanti nelle pubbliche amministrazioni che coinvolgono i giovani. Si tratta di un’occasione importante per diplomati e studenti universitari che desiderano formarsi lavorando negli enti pubblici italiani attraverso lo strumento dell’apprendistato.
Quasi metà dell’incremento di occupazione proviene dalle prime due missioni per risorse stanziate, quella sulla digitalizzazione, l’innovazione, la competitività e quella sulla rivoluzione verde. Dal 2023 solo queste due contribuiranno con un aumento del 1,6% dell’occupazione dei giovani rispetto allo scenario base. Ma è soprattutto la prima missione che appare avere un impatto specifico sulle ultime generazioni.
A essere stimolato qui è sia il lato dell’offerta, ovvero il miglioramento delle competenze e quindi dell’appetibilità di chi esce dalla scuola e dall’università che avranno meno difficoltà a trovare un lavoro stabile e ben remunerato, sia il lato della domanda, ovvero con l’incentivo alla nascita di posti di lavoro in settori innovativi che richiedano personale giovane ed istruito.
In questa direzione si muovono il Servizio civile digitale, che dovrà contribuire a ridurre il digital gap di “ultimo miglio”, ovvero tra le fasce più marginali anche della popolazione giovanile. E poi le riforme della Pubblica Amministrazione, che dovrà reclutare più personale specialistico, prendendolo secondo il Pnrr tra i giovani laureati. Un esempio sarà l’assunzione di 1.600 neolaureati oltre a 3000 diplomati e 750 diplomati specializzati nell’ambito della giustizia per rafforzare lo staff amministrativo e tecnico e velocizzare i processi.
Sul tema che lega i giovani e la Transizione 4.0, tutti gli incentivi poi sono rivolti a fare crescere quelle imprese soprattutto nel settore dell’Ict e in cui si fa più ricerca e sviluppo, che già ora occupano più giovani nella media. I giovani poi sono prevalenti anche nel settore del turismo, quello che è protagonista dell’ultima componente della missione del Pnrr.