Alle parole non sono seguiti i fatti. Quantomeno non nei tempi annunciati. E’ quello che sostiene la parlamentare messinese Matilde Siracusano a proposito dell’annuncio del ministro Giovannini in merito alla riduzione dei tempi di traghettamento dei treni nello Stretto.
Era marzo ed in occasione dell’inaugurazione della nave Iginia, il ministro per le Infrastrutture e la mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, aveva annunciato che i tempi di traghettamento dei treni sarebbero stati ridotti di un’ora. Secondo il ministro entro l’estate sarebbero stati messi su rotaie locomotori dotati di batterie elettriche in grado di accorciare le fasi di manovra dei convogli.
Cinque mesi dopo di riduzione di tempi e di locomotori con batterie elettriche non c’è traccia sui binari. A quanto sembra continua la fase sperimentale e i tempi si sono allungati.
“Questa dichiarazione ci aveva lasciato alquanto perplessi- commenta Matilde Siracusano– perché conosciamo in modo approfondito le problematicità delle operazioni di imbarco dei treni e le carenze infrastrutturali delle stazioni marittime di Villa San Giovanni e di Messina. Da marzo ad oggi non si è notato alcun cambiamento, anzi in questi giorni di pre esodo estivo i tempi, se possibile, si sono addirittura allungati. Trenitalia, intanto, fa sapere che sta lavorando ’per ridurre i tempi del traghettamento e per garantire una sempre maggiore affidabilità del servizio’. Chissà quando”.
I disagi però si fanno sentire sia per i residenti che per miglia di turisti pronti ad arrivare sull’isola ed a lasciarla a fine vacanze. Attraversare lo Stretto in treno per raggiungere la Sicilia è ancora un calvario. In virtù di questo la parlamentare di Forza Italia sta presentando un’interrogazione al ministro Giovannini, affinché chiarisca la vicenda e dia conto dei suoi annunci rimasti lettera morta.
“È surreale che nel 2022 si debba ancora discutere di come attraversare un tratto di mare di 3 km. In qualsiasi altra parte del mondo avrebbero costruito un ponte, da noi invece si pontifica e si condannano Sicilia e Calabria al medioevo”.